De Andrè e Battisti

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A parte alcune canzoni sentimentali-decadenti, però di reale pregio poetico, di Sergio Endrigo, e qualche appassionata composizione di Francesco Guccini, con venature politiche e tono a volte epico, qualcuna delle patinate canzoni pseudo-ermetiche e pretenziose di De Gregori, e pochi altri esempi sporadici, i prodotti musicali italiani di assoluto valore nella tradizione dei menestrelli, sono stati quelli di Fabrizio De Andrè e Lucio Battisti. Solo loro hanno statura internazionale estesa  a una grande quantità di composizioni, anche se per Battisti la definizione di cantautore, giustificata dalla coerenza stilistica, dal carattere sempre univoco delle canzoni, e dalla paternità delle musiche, deve essere condiviso con Mogol, autore dei testi, con cui costituisce artisticamente una simbiosi straordinaria, miracolosa come a volte capita (il dopo-Mogol è cosa diversa e non mi interessa: la vena magica è perduta). Battisti ha talento musicale spontaneo e aggressivo migliori di De Andrè. E’ meno colto, più rozzo; così, almeno, mi è sempre sembrato: è uno di quei personaggi che non fanno una forte impressione, ma si trasformano quando gli si dà in mano una chitarra. Musicisti di talento assoluto. Il fortunato incontro con Mogol lo completa, gli fornisce quel tanto di raffinatezza nei testi che rendono indimenticabili le canzoni. Si tratta comunque di una fusione eccellente, dove parole e musica sembrano veramente nate insieme, senza forzature, negli accenti e nelle assonanze, senza niente di affettato, com’è nella tradizione dorata dei veri trovatori-artisti di qualsiasi paese. Il tiro, la gittata delle poesie è quello delle emozioni giovanili, gelosie, pene d’amor perduto e tradimenti adolescenziali, amori recuperati, come nella bellissima Canzone del sole. Mai però banale. Tutti sentimenti un po’ scontati, di tono frivolo, sofferenze e innamoramenti di ragazzi dall’articolazione semplificata, però espressi benissimo, perché  la perfezione del complesso musica-parola raggiunge la miracolosa magia della canzone d’autore più ispirata, con effetto logaritmico rispetto alla musica isolata o ai versi isolati. Musicalmente, Battisti è un genio che meritava un riconoscimento più vasto, un confronto internazionale (mi pare che ci abbia provato, senza successo, forse perché mal guidato).. Se togliamo di mezzo il problema della lingua, chi può considerarlo inferiore a Elton John? O a Neil Young? La sua originalità è sorprendente: compone strutture  asimmetriche straordinarie fuori da ogni schema e, in alcune canzoni, fonde melodie di dolcezza struggente con il ritmo martellante della disco-music

De André ricerca una profondità maggiore nei testi, un livello diverso, scava nei sentimenti e nei drammi umani con altro spirito: l’agghiacciante mistero della morte, la sua incomprensibilità, il dramma e l’assurdo della vicenda umana, a volte mascherato dietro un’ironia amara e una facciata picaresca. Anche gli amori sono visti dall’angolatura di una meditazione esistenziale. Ne emerge una filosofia amara e pacata ma non rassegnata, una poesia non convenzionale; ribellione contro le ingiustizie, rifiuto del conformismo, nausea per l’ipocrisia sociale sono espresse nella forma lirica più alta. De Andrè non ha la facilità musicale di Battisti;  ha grande sensibilità, ma, anche nell’impalcatura musicale delle canzoni, deve rifarsi alla cultura, mescolando le sue filastrocche raffinate, inventate o mediate dalla storia medioevale francese, ad accordi semplici ma raffinati, e aggrappandosi, quando la sua naturale ma limitata musicalità non lo regge, ora a un valzer di un autore classico, ora a Teleman (Concerto  per tromba, Canzone dell’amore perduto), ora alla traduzione, con una riuscita che supera l’originale, di Brassens e Leonard Cohen, canzonieri a lui vicini per intelligenza, cultura, profondità e ambiguità problematica degli interrogativi esistenziali. È sublime nel linguaggio, raffinato e suggestivo nelle rime, elegante nella metrica e nella dizione.

La voce di Battisti è efficace e funzionale: canta le sue canzoni meglio di chiunque. Però la voce di De Andrè è di rara bellezza sonora. Infatti migliora le interpretazioni di Brassens e di Cohen  (ascoltate Nancy nelle due versioni affiancate su Youtube).

In modi molto diversi, due grandi artisti.

 


Francesco Dallera 2002

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