COPPI ( anniversario )

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Fausto Coppi è una leggenda. Muore di malaria a quarant'anni, cinquanta anni fa.

 

Il ciclismo allora era più immaginato che visto, era poesia fantastica che traeva spunto dalle radiocronache di Mario Ferretti, dagli spezzoni di filmato al cinema, dalle foto di Sport Illustrato.  Non c'era tv, le sole immagini a colori erano per me quelle della Milano Sanremo, con il passaggio da Pavia, dove abitavo, della corsa preceduta dalle auto pubblicitarie (carrozzerie pittoresche in forma di dentifricio Binaca - gialla e a tubo -, di bottiglia di amaro Ramazzotti, dal cui finestrino gettavano gadget; la propaganda nell'era pre-televisiva  era così.  Mi sembrava, nella dilatazione della mente infantile, che questa sequenza di immagini coloratissime durasse due ore, con le motociclette dei giornalisti accreditati o degli organizzatori o dei portatori di notizie che, orgogliosi e compiaciuti del loro ruolo, sfrecciavano molto più veloci del necessario, per fermarsi poco più avanti.  Infine, la staffetta della polizia sulle Guzzi e subito dietro, i corridori: un miraggio di pochi secondi, visivo e uditivo per il magico fruscio delle biciclette, una scena simile al passaggio del Rex nel film Amarcord.

 

La malaria è – sappiamo – una malattia trasmessa da un microorganismo unicellulare, un protozoo - un plasmodio per l'esattezza - iniettato nell'uomo tramite la puntura di una grossa zanzara, presente ancora in molte aree geografiche equatoriali e sub-equatoriali (anche più di quelle ufficialmente riconosciute: è tuttora presente in Colombia e altri paesi dell'America latina, mentre le autorità tendono a negarlo).

Terzana e quartana sono i modelli classici dei due tipi di febbre, ogni 2 o 3 gg, a seconda dei tempi di riproduzione del parassita. Il plasmodio si introduce nei globuli rossi, vi si moltiplica, li spacca e ne invade altri.

Fra i  quattro plasmodi che provocano la malaria uno, il Falciparum, penetra in organi vitali ed è mortale se non curato tempestivamente. Proprio questo ha colpito Coppi in un fatidico viaggio in Africa.

 

La profilassi consigliata dagli Uffici Igiene e dagli Enti turistici, consiste nell'utilizzo di antiprototozoari adatti per i plasmodi diffusi nell'area meta del viaggio, ma importanti sono anche le misure empiriche - spesso trascurate - per evitare le punture: maniche lunghe, retine, zanzariere, Autan liquido, cioè nella forma più concentrata, da spalmare ogni ora.

La cura si basa sugli stessi farmaci della profilassi, dal chinino, primo medicamento impiegato, alla clorochina, al Lariam, a quelli più nuovi.

Tanto positiva è stata a lungo l'immagine del chinino, che Mr. Scwheppes lo aggiunse alla sua acqua tonica, seguendo la convinzione (o idea pubbicitaria) che la bibita difendesse così dalla malaria gli Inglesi che erano in India. Se non ha risultato terapeutico, almeno l'amarognolo della china ha un piacevole effetto dissetante per molti nella calura estiva.

 

Nel caso Coppi,  impressiona il ritardo di diagnosi malgrado il compagno di viaggio, il corridore francese Geminiani, abbia avvertito che i medici francesi erano arrivati subito alla diagnosi di malaria. Un medico occidentale è poco abituato a sospettare le malattie tropicali e perciò è esposto all'errore, tanto più perché la febbre è spesso ingannevole, anziché rispettare le regole dei libri di medicina, è continua o capricciosa, l'incubazione apparente è variabile, arriva anche a un anno senza manifestazioni vistose. Coppi però, appena tornato, ha i sintomi tipici. Un ritardo diagnostico e terapeutico del famoso ematolgo che lo aveva in cura, ha avuto apparentemente una parte di responsabilità. Con un pizzico di fortuna e medici più pronti Coppi poteva salvarsi, sebbene la sua malaria fosse del ceppo più aggressivo. Ma le diagnosi "dopo" sono sempre facili.  

Coppi è stato un campione da leggenda. Se Mercx è stato il ciclista più forte, quello che ha vinto di più, impressionante per la costanza ad altissimi livelli e su tutti i terreni, Coppi, nelle giornate di grazia, sembrava di un altro pianeta. Era alto 177 cm., snello, conformato in modo strano con un torace da pollo ma capacità respiratoria immensa, arti inferiori da longilineo ma cosce  ipertrofiche, atteggiamento in bicicetta quasi fosse stato disegnato in perfetta simbiosi con il mezzo meccanico. Un fantasioso giornalista dell'epoca lo paragonava a un airone: in effetti la sua morfologia era tale che giù dalla bicicletta era goffo, sulla bici sembrava costruito in un tutt'uno, mezzo uomo e mezza bici, fuso con la bicicletta come un centauro della mitologia greca era fuso con il cavallo. Ci sono stati campioni meno fragili, come Indurain o Armstrong,  di grande stile come Anquetil o di suprema eleganza visiva oltre che atleticamente efficientissimi, come il Contador che ammiriamo oggi, ma nessuno può scalfire il mito di Coppi, che quando non era fratturato in qualche osso o nello spirito (gli dovette pesare molto la vicenda famigliare) e se era ispirato, era imbattibile, di una superiorità schiacciante, irresistibile. Come se volasse.

 


Francesco Dallera 2010

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