Antropologia minima

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Si dice: la donna cerca, nel rapporto con l’uomo, la coppia stabile.  Il suo ideale subconscio, quando un uomo le piace, è di legarlo a per sempre. Questa è l’opinione convenzionale.

L’antropologia insegna infatti che la donna ha bisogno di un cacciatore e di un compagno forte, che procuri a lei e alla prole il sostentamento e la difenda dai predatori e  dai pericoli generici, più evidenti all’epoca delle caverne, ma tuttora minacciosi,  sebbene di altro tipo. Lei, dal canto suo, si incarica di guardare al nido e curare i piccoli.

L’uomo, invece, ha la funzione di moltiplicare  le probabilità di figliolanza con un numero il più elevato possibile di copule, meglio se con compagne diverse. Questo avviene, secondo la logica darwiniana, per la difesa e la conservazione della specie. Dunque, non si devono arrabbiare le ragazze e signore se l’uomo, magari proprio il loro uomo, è sottaniere: fa parte del corredo  evoluzionistico-genetico. La poligamia del maschio umano – si sostiene, per la collera delle femministe – per quanto si cerchi di limitarlo con norme sociali ed etiche, è un connotato biologico incancellabile.

Si continua a ricordare, con sfumatura umoristica, l'effetto “rooster”: il gallo, come anche il toro e l'ariete, può avere 5-7 copule di seguito con la stessa gallina, mucca, pecora. Dopo di che non ha più interesse per la partner. Riprende e ha altre 5-7 prestazioni se gli si sostituisce la femmina. L'homo sapiens, con le dovute complicazioni psicologiche e culturali, dovrebbe essere sulla stessa linea, salvo il fatto che ha una capacità numerica ridotta rispetto al toro e all’ariete: 3 rapporti con la stessa donna nell’ambito di uno stesso incontro  (può darsi 4 se è proprio simpatica). Casanova riferisce le facoltà fisiche speciali di un suo servitore, che per questo era soprannominato "six fois" (siamo in Francia). Si trattava, anche nel Settecento, di un'eccezione.

Una variante sperimentale in armonia con il "rooster effect" è l'effetto “Coolidge”: un ratto messo in gabbia con una femmina si scatena nei primi giorni, per calmarsi progressivamente mano a mano che la compagna gli diventa famigliare. Si riaccende però di entusiasmo quando gli sostituiscono la femmina. Anche in questo esempio l’analogia con l’uomo è trasparente. Si traduce Il concetto nella specie umana spiegando che la convivenza prolungata spegne l’amore passionale, attutisce la carica sessuale, si trasforma in un affetto che suona quasi troppo zuccheroso e amichevole per conservare la necessaria dose di aggressività che è parte essenziale - forse – della dinamica sessuale. La moglie, la compagna stabile, diventa una specie di sorella, la tensione fisica si allenta, l’attrazione si perde. Ma nella società umana la varietà di posizioni filosofiche e morali confonde le condotte e le motivazioni, rendendo tortuosa l’interpretazione. I comportamenti si modificano secondo la cultura, l’ambiente, la disposizione psicologica personale. I tabù  possono essere salutari o troppo repressivi  e  lo scontro fra  condizionamenti morali  imposti e disordine comportamentale è uno dei problemi della psicologia di oggi. Abbiamo formulato una scala di valori etici e metterla d’accordo con gli istinti non è semplice. Ci sono ottantenni che desiderano e inseguono fisicamente la moglie coetanea -  esasperata, perché da decenni lei ha raggiunto la pace dei sensi –, altri uomini attempati  che inseguono amori giovani (se ne hanno la possibilità); poi ci sono altri  tranquilli padri di famiglia che continuano una moderata attività sessuale casalinga senza sussulti, altri ancora padri e madri di famiglia più inquieti,  che sentendo spegnersi  la libido per la monotonia, non accettano e cercano soluzioni di fuga concordata o clandestina, spesso  squallidi, dallo scambio di coppia fino a forme di comportamento degradato capace di reprimere tabù sacri  secolari. Ormai tutti siamo informati del repertorio di perversioni con cui menti turbate tentano di  dare sfogo a una libido che non riesce a esprimersi in canali ortodossi. Forse è sempre stato così, o era anche peggio;  la differenza è che adesso tv e giornali ci tengono aggiornati minuto per minuto.

Ma la domanda che ci si deve fare oggi sembra essere un’altra e mette in crisi le spiegazioni che sul problema sono state finora – ammettiamolo – di timbro maschilista. Che cosa pensano le mucche o le galline? Un allevatore ha bisogno di un solo toro per ingravidare tutte le sue vacche e,  a patto  che gli si permetta di cambiarle secondo ispirazione, il toro è davvero instancabile. La mucca accetta  le sfuriate:  è rara la notizia che animali femmina rifiutino le profferte del sultano, che siano bovini pecore capre o galline. Ma chi ci dice che anche loro non preferiscano cambiare? Da che la femmina umana è emancipata, sono venute a galla notizie interessanti e non previste sui desideri  delle donne. Le femmine non hanno scelta, visto che c’è di solito un solo gallo nel pollaio  e un solo toro a disposizione delle vacche, un solo ariete per gregge (o due per centinaia di pecore), ma come si comporterebbero se potessero organizzare loro le monte? Il  toro dimostra di non poterne più di una stessa femmina, lo dimostra con l’assenza del visibile stimolo fisico. La mucca non fa vedere niente, ma può darsi che si stanchi e non sia per nulla eccitata dopo le prime copule. Nessun Master e Johnson ne ha misurato gli orgasmi, nessun Kinsley ha scritto un rapporto sulla sessualità intervistando le galline. Solo l’interesse economico  e l’osservazione pratica hanno guidato le scelte dell’allevatore e del padrone del pollaio. Quando si argomenta con umorismo sulla necessità di essere benevoli con il maschio umano citando il toro e il gallo come giustificazione, si trascura di sostenere le ragioni del sesso femminile, che, forse, ha biologicamente torto a pretendere fedeltà  assoluta dal suo uomo, ma può esigere le stesse libertà. Solo una morale più severa e repressiva se riferita al femminile  e  un  utilitarismo da allevatore agricolo hanno relegato le donne a un ruolo di minore reattività  sessuale.

 


Francesco Dallera

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