Automobili 2002 |
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Naturalmente il design evolve. C’è un progresso nel disegno delle carrozzerie, che ha preso avvio dalle Audi, influenzato dal Bauhaus e, mi sembra, se non è troppo azzardato, dal Cubismo, per la disinvoltura nel mescolare armonicamente spigoli nettissimi e linee curve. Iniziata con l’Audi A6 berlina, ancora insuperata come estetica assoluta, con il solo, piccolo limite di un frontale banale rispetto al resto, la tendenza si è rafforzata con le Audi TT (le A4 sono una ripetizione in piccolo della A6, meno eclatante). Le New Beetle e le Porsche conciliano suggestioni modernissime con un richiamo alle linee della tradizione Volkswagwn e Porsche e, bisogna ammettere, con eccezionale riuscita estetica. Anche la nuova Mini-BMW è straordinariamente felice nel coniugare l’evocazione della vecchia Mini con il suo tratto inconfondibilmente britannico (nel muso semplice e aggressivo imparentato con le vecchie Aston Martin, e nella coda, specialmente nelle luci posteriori piccole), con linee decisamente attuali. Tra le auto piccole, numerose sono gradevoli, però, siccome le utilitarie, per loro natura, sono meno desiderabili, anche l’estetica, condizionata da un minor prestigio, difficilmente riuscirà memorabile nel tempo. Forse fa eccezione, fra le marche popolari, la Ford KA, le cui caratteristiche di coerenza stilistica assoluta potranno farla apparire vitale e originale pur dopo anni di abitudine visiva (come adesso ci appare, per esempio, la 2CV Citroen). Le BMW seguono un indirizzo tradizionale, niente affatto audace, quasi conservatore tanto è soffice l’evoluzione dei modelli: puntano su un aspetto solido, elegante, ma ancorato a un concetto di opulenza sportiva. Gli interni BMW, poi, insuperabili per ergonomia, sono stati copiati da tutti per la disposizione della plancia. Le nuove Z4, almeno dalla fotografia, sembrano avviarsi verso l’alternanza postmoderna di superficie concava e convessa già vista sulla M5 fuoristrada. Ci si distacca così dall’isolato, gradevole esperimento della Z3, un’automobile in stile retrò personalissimo e marcatamente BMW nel richiamo ad auto storiche. La Z3 è fuori dal tempo: un marziano potrebbe identificarne il decennio di appartenenza con difficoltà; potrebbe essere stata disegnata all’epoca della Mercedes 300 SL Gullwing, se non fosse per le ruote, i pneumatici e qualche dettaglio moderno; la Z4, anche se molto simile, è tuttavia dichiaratamente dei primi anni 2000. Un po’ pasticciata la nuova serie 7, straordinaria macchina, certamente, senza meriti estetici però, al di là della classe implicita nella sua categoria. Le Mercedes ostentano un’aspetto un po’arrogante, senza reticenze, già evidente sulle vetture d’anteguerra e continuato in una nota caratteristica indefinibilmente teutonica: le serie E ed S della penultima generazione, erano imponenti oltre i limiti della decenza. La E aveva come modello una saponetta di grandi dimensioni provvista di ruote e fanali, sebbene la qualità dei particolari e delle vernici, l’accuratezza della costruzione, oltre al nome e alla stella a tre punte, la rendessero comunque desiderabile. La gigantesca S, squadrata e grossa, precedente all’ultima serie, era indifferente a una vera ricerca estetica, voleva essere comoda, grande, ortodossa, aristocratica, ricca di tecnologia e materiali tecnici robusti e preziosi all’interno: ricordava, per la linea elementare, una gigantesca automobilina per bambini di spessa lamiera, dilatata fino a contenere cinque grassi adulti comodamente, con i tratti, il muso, il radiatore e la stella Mercedes. I nuovi modelli della serie S ed E si sono ridimensionati, appaiono lussuosi ma più discreti e molto più belli. La linea della serie S berlina è sobria e contenuta, un gran passo avanti rispetto al precedente modello, ma è soprattutto nella nuova serie E (2002) che gli stilisti della casa hanno dato il meglio, all’esterno e all’interno (la S è un po’più rigida, meno fluida nel design). Le linee sono moderne, ma non nel senso dell’Audi: piuttosto su un versante barocco, con un intreccio di curve ben disegnate, ispirate e studiate, di tono sostenuto, importante. Un barocco aggiornato, moderno per i dettagli alla moda e l’originalità delle soluzioni, ma – nell’essenza – senza tempo, personale, di valore estetico assoluto e perfettamente riconoscibile come Mercedes, dando vita a una delle auto più riuscite di sempre di questa marca prestigiosa. Non so se abbiano ragione alcune riviste tecniche in cui si legge che l’assemblaggio e le finiture non sono al top come ci si aspetterebbe, e che i comandi e gli interruttori sono disposti in modo da confondere un pilota d’aereo, ma ho l’impressione che queste critiche siano parte della sorda guerra commerciale combattuta anche con articoli e recensioni; di fatto, visivamente, gli interni sono magnifici, con la pelle traforata (tipica della casa) che compone sui sedili cuscini rilevati e di aspetto pregiato (le auto di classe devono avere gli interni in pelle. Solo il "panno Lancia" poteva reggere il paragone, come materiale per i sedili, ma è cosa dimenticata). Finalmente la radica è di un gran colore, ben lucidata e disposta con gusto. Per un certo tempo, lungo gli ultimi decenni, le auto tedesche, anziché mantenere uno stile di materiali "continentale" per gli interni, hanno imitato, per qualche verso, gli insuperabili rivestimenti delle auto di lusso inglesi, rimanendo però a metà strada: conservavano un loro tratto di clinica perfezione germanica ma vi inserivano, copiando (male), i materiali inglesi, pellami scelti senza garbo e legno improprio, o troppo opaco o troppo lucido e appiccicandoli qua e là senza logica estetica, come puro segnale di status symbol automobilistico. Queste nuove Mercedes E, invece, sono splendide. Volante, plancia, sedili impongono il loro carattere teutonico (ergonomia, pelle traforata, rigore ordinato, sapore high tech), mostrando di aver appreso il gusto sottile dei materiali delle carrozze inglesi: radica di bella grana, lucidata al punto giusto, disposta senza economia eppure con discrezione, morbidezza della pelle anche da nuova, coerenza di stile unita a particolari sibaritici, anche se è dissonante la plastica, di aspetto magro e povero, del cassetto sotto i sedili. La convessità del profilo posteriore, dovuto in parte ai fanalini, è una caratteristica chiave: iniziata dalla Jaguar S nell’ambito di una linea ovoidale, basata sulla combinazione di ellissi che si intrecciano in varie direzioni, questo tratto, nella Mercedes E, nonostante sia qui un’evoluzione della semplice e famigerata linea a saponetta, vi ha prodotto una trasformazione sufficiente a renderla entusiasmante. Un ritorno, in versione attualizzata, a morbidezze perdute dagli anni cinquanta. Vi sono, in ogni periodo, caratteristiche emergenti, che le case automobilistiche si copiano (certo già in fase di progettazione, per spionaggio industriale) e determinano correnti estetiche. Non sempre sono un miglioramento: ci sono state cadute di gusto, come le ridicole, esagerate pinne delle americane ultimi anni cinquanta e sessanta, imitate con pudore dalle europee (persino dalle Mercedes, nei modelli detti appunto "fintail"). Ecco, per esempio, ora, i gruppi ottici posteriori – non so se in funzione di una migliore luminosità – diventare esangui, per una prevalenza dei vetri bianchi, delle cromature visibili e delle parabole nuove, rassomigliando ai catarifrangenti delle auto di una volta che si decoloravano per l’età: accade nelle BMW Compact, nelle Lexus (nel modello piccolo e nel fuoristrada di lusso) e chissà in quante altre tra poco; le Mercedes risolvono diversamente la moda, con un’elegante zebratura bianca e rossa a righe alterne. Sono, per ora, immuni, le BMW maggiori e tutta la gamma Audi, ma ho paura che i fanalini posteriori bianchi stiano preparando, senza lode o merito speciale, la loro invasione pacifica. Delle famigliari, solo la Volvo V 70 accetta di essere tale: modernizzata e addolcita, affusolata e filante, dichiara però visivamente di essere una station wagon classica che non si vergogna di esserlo, un contenitore funzionale e ben riuscito. La fanaleria posteriore offre la soluzione più nitida e assertiva rispetto a tutta la concorrenza. L’interno dona un bel senso di sobria robustezza e la concavità davanti alle ginocchia del passeggero, derivata dalla BMW, è una attraente e funzionale. Gli interni in pelle sono da preferire assolutamente, cambiano la qualità dell’auto. Tuttavia il finto legno degli inserti, sebbene di plastica splendida, simile alla tartaruga lucidata dei mobili del Settecento, che senso ha? Una trovata del nuovo padrone Ford? Vuole essere un risparmio? Un’affermazione ecologica per non distruggere le foreste? Un suggerimento audace, controcorrente ("anche nei rivestimenti di lusso, plastica è bello e può essere bellissimo")? Esteticamente notevole, tra le station-wagon, anche la Mercedes C: nella versione famigliare è persino migliore della berlina (la berlina a me, vista da dietro, ricorda una ragazza snella, fascinosa, elegante, che, però, cammina a natiche troppo strette). Le altre famigliari, più o meno prestigiose, non sono altrettanto ben risolte, mancano di unità o di sicurezza stilistica, almeno nelle luci posteriori dal disegno incerto e tentennante (Renault Laguna, Ford Mondeo, Citroen C5, giapponesi varie) e nel raccordo del tetto con la coda, che rivela spesso la derivazione dal modello con la coda. L’Audi A6 Avant è una bella automobile, ma un po’ anonima rispetto alla berlina corrispondente. (La berlina, con quella coda e quei piccoli fanalini posteriori collocati negli angoli smussati, ha il pregio di essere totalmente fuori dalle mode e dal tempo, ricordando l’Aurelia coupè B20, miglior auto, forse, degli anni cinquanta, elegante, sobria, bellissima e tecnologicamente all’apice con il motore sei cilindri a V, meraviglioso – anche nella sonorità – e iniziatore di un’epoca.) Simile all’Audi, in un tono più blando, è la Passat Variant, impreziosita gradevolmente dalle ultime cromature aggiunte. Molto gradevole la BMW serie 3 Touring, sebbene non proprio pari alla berlina da cui deriva. La berlina serie 3 ha accomodato il problema delle luci posteriori su due piani, riuscendo a raccordare decentemente, a differenza che nei precedenti tentativi (BMW e di altre marche), le parti esterne al bagagliaio delle luci stesse, dislocate più in alto, con quelle interne orizzontali. Bella la coda tronca, dall’aspetto stirato e deciso, una scultura di grande spontaneità: ricorda il colpetto che danno i vetrai di Murano, i Maestri soffiatori, per chiudere elegantemente un oggetto, per esempio la coda di un uccello, con una soluzione stilistica decisa e capace di mantenere robustezza nel pezzo di cristallo. La BMW serie 3 è veramente una bella macchina, per linea oltre che per qualità di guida. Le italiane? Non sono all’altezza (parlo dell’estetica senza permettermi di entrare in discorsi tecnici). L’Alfa sta tentando la risalita con le sue caratteristiche sportive, ma solo l’eccellente frontale retrò della 147 è, in tutta la produzione, degno di nota come invenzione stilistica, peraltro diluito nell’anonima fiancata e nel posteriore insignificante e giapponesizzante. Il senso di qualità complessivo delle auto italiane non è adeguato al livello delle tedesche o delle Volvo. Forse dovranno semplicemente passare anni prima di un recupero di immagine che ci influenzi in direzione favorevole, ma, nel frattempo, sul piano estetico, è incomprensibile che, con la tradizione stilistica che abbiamo, si generino mostri come la Multipla FIAT o si inventino stramberie infantili, come i goffi fanalini posteriori a triangolo con spicchi nella Libra berlina, o addirittura le virgole nella Libra famigliare.
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Francesco Dallera |