Carnivori o Vegetariani ? |
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Essere vegetariani è di moda in un certo ambiente alternativo-chic. Va d’accordo con il pacifismo e con il senso di solidarietà esteso agli animali, un cosmico desiderio di non belligeranza fra le specie. Lasciato libero dalle pressioni sociali e dalle consuetudini, sarei vegetariano anch’io, per gusti prima ancora che per principio: la carne non mi piace, la mangio qualche volta per tributo all'abitudine quando è cucinata bene, non la sceglierei mai come alimento preferito. Devo ammettere che ho inclinazione per i salumi (una sorta di larga eccezione), che anche per mio gradimento mi concederei una o due volte la settimana un piatto di speck o di San Daniele o di culatello di Zibello, però, certo, lascerei perdere se dovessi ammazzare il maiale con le mie mani: mi farebbe orrore. Si tratta, dunque, di una contraddizione. Una contraddizione, delle tante che caratterizzano la vicenda umana, è pure l’amore sviscerato mostrato da alcuni per certi animali domestici da compagnia, accostato al disprezzo cannibalesco per altri; le carezze e i vizi al gatto in cascina accanto ai maialini destinati al mattatoio. L’importante è non pensare e, se a pensare si è proprio costretti, trovare una giustificazione concettuale. La spaventosa sopraffazione, crudele e pazzesca, degli allevamenti intensivi, delle gabbie stipate, dei bovini ammassati sui camion che muggendo si lamentano entrando nei macelli rendendosi conto del loro destino, è considerata deviazione della nostra epoca esasperata e distorta, tesa a produrre senza misura e regola; ma la brutalità verso gli animali è stata anche peggiore in passato: lo dimostrano aberrazioni radicate, come le oche inchiodate per il fois gras, antica tradizione contadina dei paesi produttori e altre innumerevoli sevizie agli animali, così comuni e considerate la norma da sempre. L’argomento biologico-evoluzionista, qualche volta impiegato contro, è, viceversa, a favore degli alimenti carnei: l’uomo, alle sue origini e fino a tutto il paleolitico, diciamo da un milione a diecimila anni fa, era prevalentemente carnivoro. La struttura corporea umana ha tratti, in questo senso, riconoscibili: denti canini, esofago muscolare, conformazione dello stomaco, sono da carnivoro. L’uomo della preistoria mangiava la carne strappandola dalle ossa con selci affilate, cruda per i primi lunghi millenni della sua esistenza già umana, poi arrostendola, dopo aver catturato bisonti e mammut con espedienti e trappole. Non credo si debba esaltare il suo senso di armonia con la natura: l’armonia era obbligata; nei suoi esemplari peggiori l’uomo era capace di tutto come ora. Si sono trovati in Spagna resti fossili di trecentomila anni fa che attestano pratiche di cannibalismo e tracce di sacrifici umani anche dell’uomo preistorico europeo. Se lo studio dell’antropologia preistorica favorisce, con l’onore della filogenesi, la teoria della carne come alimento naturale per l’uomo, si può immediatamente opporre un argomento correttore e attenuante del suo valore biologico: nella preistoria la vita media era di trent’anni, non c’era una ragione darwiniana per difendere le arterie, l’importante nelle scelte comportamentali selezionate era assicurare la capacità di riprodursi al massimo, per dare probabilità di sopravvivenza alla specie. Prima che l’uomo, divenuto capace di allevare animali addomesticandoli, si potesse procurare uova, latte e formaggi (in altre parole, prima di otto-diecimila anni fa, periodo neolitico), le proteine della carne erano indispensabili. A differenza degli animali erbivori, l’uomo non è capace di formare alcuni aminoacidi e li deve trovare già pronti nelle proteine "nobili", il che conferma e spiega che, nella più lunga parte della sua storia, abbia avuto tratti biologici da carnivoro. Oggi il discorso medico, è diverso. Nessuno, occorre anticipare, possiede la Verità nelle regole alimentari; dobbiamo limitarci a un faticoso confronto fra dati di osservazione statistica, dati sperimentali e riconoscimento di fattori biologici. Si è detto tutto e il contrario di tutto; spesso motivi economici, industriali e pubblicitari sono il vero motore sullo sfondo di notizie e proposte nuove nel settore alimentaristico. È un fatto che il prolungamento della vita (per merito di migliori condizioni igieniche e nutrizionali, del controllo di alcune malattie con i vaccini e per la possibilità di fronteggiarne molte altre con farmaci di grande efficacia (primi fra tutti gli antibiotici, paradossalmente tanto temuti dai fautori della "natura" a tutti i costi) ha spostato i problemi. Adesso trovare proteine non è difficile, almeno nei paesi industrializzati; se mai ne mangiamo troppe, con insulto alle arterie. Il problema delle arterie con le placche aterosclerotiche è critico oggi, non lo era per l’uomo delle caverne, non solo perché lo ignorava, ma perché la morte lo raggiungeva, attraverso mille insidie, prima che avesse le arterie ostruite. Per molti millenni la specie umana è stata programmata per vivere molto meno, pochi decenni. Ora pretendiamo di arrivare oltre i novant’anni, per di più sani. Solo una straordinaria benevolenza genetica e un corso della vita fortunato permettono di vincere la gincana fra i birilli che possono fermarci. Se è giusto cercare la via alimentare più corretta, la credulità esagerata in principi assoluti – mentre purtroppo solo verità empiriche e faticosamente scavate ci sono consentite – è infantile tentativo di aggrapparsi alla speranza, a un desiderio di quasi immortalità o almeno a un talismano di lunga vita. I santoni orientali che fanno gli alimentaristi, le diete macrobiotiche, l’alimentazione o la medicina "naturali", possono avere, per chi ci crede, un valore filosofico; non hanno reali fondamenti biologici. Il vegetarianismo può avere valore etico (illegittimità dell’uccisione degli animali), se si accetta di rinnegare la storia dell’uomo (e rinnegare la nostra storia non deve far ridere, è una possibilità da considerare, una cosa del tutto lecita se pensiamo alle guerre e agli innumerevoli orrori e sopraffazioni che ogni persona sensibile rifiuta); non ha, però, presupposti di validità igienica (non ci sono prove che la carne presa in giusta misura sia dannosa). Quanto al vegetarianismo radicale, infine, quello che vuole l’esclusione di latte, uova e formaggi, è sicuramente insensato, una forma di estremismo alimentare che espone a rischi la salute e può compromettere la crescita dei bambini.
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Francesco Dallera |