Chrisler, Empire e Art Decò |
|
|
|
Il termine, nell’uso pratico, viene soprattutto riferito agli oggetti e ai mobili, ma lo stile coinvolge le arti visive maggiori – pittura, scultura, architettura – e – possiamo spingerci a dire – tutto un modo di vivere. Definito anche "Stile 1925", in realtà prende avvio già nel 1920, come proseguimento evolutivo del Liberty, con linee geometriche e connotate da una stilizzazione più marcata, mentre l’Art Nouveau (Liberty) era piuttosto animata dalla volontà di un principio "organico". Rispetto allo stile che lo precede, criticato dai detrattori come uno stanco, estenuato rococò decadente, è più sincretistico, più confuso, forse, nelle manifestazioni meno qualitative, ma nitido e coerente negli esempi migliori, e con l’evidente arricchimento che Cubismo, Futurismo, Astrattismo, Costruttivismo, Suprematismo hanno apportato nei primi vent’anni del secolo al patrimonio di sensibilità dei più attenti architetti, artisti, artigiani. Evolutosi e inoltratosi fino a tutti gli anni trenta, lo stile Art Decò passa di moda dopo la guerra, per tornare sulla cresta dell’onda critica nei decenni più recenti, come capitolo ormai della storia artistica del passato, con le sue luci e le sue ombre. Sebbene, dopo la crisi del 29, l’oggettistica specialmente abbia risentito della grande depressione economica, dovendo rinunciare all’impiego dei materiali più costosi (il che, se di per sé non significa cedimento nel valore stilistico, ha comunque determinato un abbassamento del tono della produzione), i caratteri salienti e tipici dell’Art Decò (preponderanti nei primi anni) sono stati l’uso di materiali pregiati, come lacca, avorio, giada, e l’impressione di lusso estremo che spira da quel genere di oggetti di arredo, suppellettili, gioielli, mobili, ma anche, soprattutto a New York, dagli edifici. I dipinti di Tamara de Lempicka sono la traduzione figurativa esemplare di questo stile. La sua vita di un’esteriorità lussuosa, raffinata, spregiudicata, i suoi amori e suoi sprechi, sono in armonia con i suoi quadri aerodinamici, corposi, sensuali, opulenti e patinati e con l’idea che si accompagna al modo di vita e di arte del periodo. Ma come immagini che, a colpo d’occhio, ci rappresentano l’Art Decò e dimostrano come l’America abbia assorbito al pari dell’Europa, elaborandola con grandiosità sua propria, questa atmosfera e questa sensibilità, possiamo guardare, a New York, non tanto il Prometeo del Rockfeller Center – monumento sfavillante di bronzo dorato, di un modernismo, per la verità, piuttosto superficiale, un esempio sul versante appariscente ma un po’ facile di questo stile – ma, soprattutto, lo straordinario grattacielo Chrysler, macroscopica e meravigliosa celebrazione che, dell’Art Decò, ha tutto il meglio: purezza, forme tipiche, senso di ricchezza, qualità della materia, dettagli preziosi, nella sintesi di un’autentica ispirazione artistica. Anche l’ Empire State Building è, soprattutto all’interno, un bellissimo esempio di Decò: dovizia di materiali, che hanno spessori e volumi inusitati, preziosità e ricercatezza dei marmi e degli intarsi di metallo (le fughe nei pavimenti di marmo sono di lucente e corposo metallo lavorato con estrema cura), dimensioni imponenti di porte, ascensori, pareti; sensazione di quasi sfacciata abbondanza, eppure impressione complessiva di severità e misura.
|
|
|
|
Francesco Dallera |