Azzurro polvere e
grigio, verde oscuro, qualche punto rosso, colpi di bianco per dare luce ai
vetri, un colore neutrale vicino all’ocra che uniforma lo sfondo; giallo
tenue raramente, quasi mai tutti insieme, il tutto tratteggiato col pennello
come con una matita, quasi a caso. De Pisis è
l’ultimo, il più grande, l’epigono più
geniale, il più sintetico degli impressionisti. Il più disinvolto, il più
spontaneo. Deve essere stato un omosessuale vivace e pirotecnico, personaggio
stravagante che avrebbe avuto altra rilevanza mediatica in ambienti come la
New York di Lou Reed e
Andy Warhol, forse esageratamente eccentrico fino al ridicolo, personaggio
oggetto di ironia e scherzo. Come pittore, comunque, è unico e originale. Le
sue nature morte hanno spesso un taglio grandangolare unico nella pittura,
frutti grossi o funghi o ostriche in primo piano, un paesaggio piccolo sullo
sfondo come foto prese da un 28 mm. Le figure non mi piacciono, sono
ossessivamente condizionate dalle simpatie sessuali, ma i paesaggi urbani
sono magnifici, Parigi, Venezia, Londra fedeli con pochi segmenti di colore a
olio. Le nature morte sono splendide specialmente dove ci sono vetri –
bottiglie o bicchieri resi con rapida trasparenza e poesia della materia – in
una libertà di lettura al massimo livello, dove il figurativo non è meno
sciolto dell’informale, non meno moderno. L’opera di De Pisis
di solito è difficile da leggere al primo istante, il lirismo della visione
emerge poco a poco. Da chi è stato più influenzato De Pisis?
O meglio, chi ha più ammirato e seguito? Più di tutti Francesco Guardi:
grande preimpressionista Guardi, grande
postimpressionista DePisis. Vedo una netta
continuità con un secolo e mezzo di intervallo. Comune la sensibilità veloce,
simile la cattura folgorante
dell’atmosfera. De Pisis è brillante,
originale, ma è facile da imitare, almeno in apparenza. I più complessi e
riusciti dei dipinti non lasciano dubbi; ma ve ne sono in circolazione molti
di composizione più elementare, falsi,
penso, per buona parte. De Pisis trascina
all’imitazione. Mi piacerebbe comunque, quando esco dal parcheggio, vederlo
al cavalletto dipingere con il pappagallo sulla spalla in Piazza S. Babila, un luogo prediletto. Se si potesse scombinare o
fermare il tempo.
|