Duomo di Milano |
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A me il Duomo piace ed esalta. Non so quanto dipenda dalla dimensione affettiva, mnemonica, dalla visione che ne avevo da bambino, dall’aura che gli danno le storie dei barconi che scendono per il Naviglio con il marmo di Candoglio, dell’Opera del Duomo, le connessioni con gli artisti milanesi che ci hanno lavorato nelle diverse epoche, ma mi sembra che, come insieme, abbia un grande fascino oggettivo, in quella specie di pizzo-ricamo con cui si presenta da lontano, in quel colore bianco che diventa rosato in certe ore, nelle statuine e nelle nicchie, decorative sì ma armonizzate in un incanto. In ogni caso posso vantare qualche predecessore illustre nell’apprezzamento: Mark Twain, nel suo giro in Italia, lo considerò una delle meraviglie del mondo. Forse per questo gli Americani sono reputati ingenui. Ma anche John Ruskin, il più grande critico d’Arte inglese e insigne intellettuale dell’Ottocento, autore di uno dei più celebri e importanti libri su Venezia (Le pietre di Venezia), difensore di Turner, sostenitore e patrono dei Preraffaelliti, mente politica protolaburista che ebbe grande influenza sul Socialismo britannico, sostenitore dei valori morali nell’Arte, scrisse al padre durante il suo Tour: il Duomo di Milano è il più maestoso monumento del mondo. Se sul gusto di Twain qualcuno può ironizzare o avere dubbi, la nobiltà culturale di Ruskin è fuori discussione. Fratello Ruskin, a costo di sembrare eretico, sprovveduto e campanilista in Arte, mi dichiaro completamente d’accordo: il Duomo di Milano è splendido.
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Francesco Dallera |