Vermeer

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Coltivare fantasie, fare ipotesi, studiare interpretazioni su artisti amati, può dar luogo a belle favole per adulti, se si è appassionati d’arte. Quando leggo, dal diario del collezionista francese De Monconys, "A Delft ho visto il pittore Vermeer, che non  aveva opere sue: ma ne abbiamo visto una, presso un panettiere, che, pur avendo una sola figura, era valutata trecento fiorini; per me pagarla sei pistole sarebbe stato troppo", ecco, vorrei avere qui De Mosconys per dirgli quel che penso di lui e della sua ironia delle sei pistole; e vorrei essere là dal panettiere e comprare il quadro, non per il buon affare, ma per compiacermi ammirandolo in casa e passarlo orgoglioso agli eredi. Mi piace pensare che il pittore non gli abbia voluto mostrare le sue opere, cogliendo l’ignoranza dell’interlocutore e ritenendolo indegno. Vermeer commerciava in quadri di altri pittori, ma ci sono motivi per credere che fosse geloso della sua produzione, che non cedesse volentieri i suoi dipinti: troppo pochi ne faceva, due-tre per anno. Trecento fiorini erano un prezzo alto per il tempo, valevano così i quadri dell'artista più considerato in quell'area, Gerard Dou. Del resto nell’asta dopo la morte di Vermeer, il prezzo dei suoi dipinti andava da duecento a quattrocento fiorini, in armonia con questa testimonianza. La moglie Catharina Bolnes e la suocera fecero di tutto per escludere dall’asta almeno L’Arte della pittura, la bellissima grande tela ora a Vienna. La disastrosa situazione economica dell’Olanda dopo la guerra con la Francia e gli undici figli avevano rovesciato le fortune della famiglia, prima agiata. La moglie scrive dopo la morte di Jan, con laconica, toccante efficacia: "Durante la guerra lunga e rovinosa mio marito non solo non aveva potuto vendere le proprie opere, ma, in più, a suo grande danno, quelle di altri maestri di cui faceva commercio, gli erano rimaste sul collo. In conseguenza e a causa del grande carico di figli, non avendo personali mezzi di fortuna, era caduto in un tale stato di decadimento e di frenesia che in un giorno o un giorno e mezzo era passato dalla buona salute alla morte". Può darsi che il panettiere abbia avuto il quadro come compenso per il pane fornito per un anno o forse due alla numerosa famiglia. Non viene in mente il monologo di Amleto sugli affanni e sulle ingiustizie della vita? Non vorreste intervenire, bloccare l’azione legale, tacitare i creditori in nome dell’arte, lasciare le opere nella casa, non solo per l’umana preferenza verso il debole, ma per la commozione moltiplicata che questa storia suscita mentre si guarda un meraviglioso quadro di Vermeer?

Anche se si conosce poco sulla vita del pittore, sul suo apprendistato, su committenti o compratori, gli accurati, pignoleschi resoconti che quella società attenta al denaro ci ha tramandato, hanno permesso una precisa ricostruzione delle opere  presenti in casa, sue e di altri maestri, e dei valori assegnati, con un puntuale riscontro in opere oggi nei musei. Mi piace, di queste cose, leggere tutto. Mi piace cercare notizie pedanti, inutili, come un bambino sugli argomenti preferiti: che i pennelli usati, analizzando i peli lasciati con il pigmento sulle tele, dovevano essere quadrati grandi, di setole di maiale, e piccoli a punta rotonda, di pelo di lontra e di scoiattolo. Che, in diverse tele, ci sono piccoli fori di spillo meglio visibili alla radiografia, cui corrisponde il punto di fuga, dal quale con uno spago impregnato di gesso il pittore tracciava le linee prospettiche. Mi piace prendere posizione a favore dell’una o dell’altra opinione critica: per esempio, dichiaro a me stesso che per le due tavolette di controversa attribuzione, rispettivamente della collezione Mellon e della collezione Widener, Ragazza con cappello rosso e Ragazza con flauto, sono assolutamente d’accordo con Wheelock, esperto di pittura del Seicento olandese alla National Gallery di Washington , dove sono ora le due opere (una di fronte all’altra in una piccola stanza): Ragazza con cappello rosso certamente di Vermeer, anzi uno dei suoi quadri più straordinari (e chi poteva dipingere con tale perfezione e naturalezza?), Ragazza con  flauto non sua - malgrado le rassomiglianze - per difetto di qualità.

A proposito, sapete dove teneva  la Ragazza con cappello rosso Andrew Mellon prima della donazione al museo? Appesa sopra il pianoforte, nel salotto buono.

Mi piace la casa di Vermeer riprodotta in tutti i suoi dipinti di interni: il pavimento a scacchiera di marmo bianco  venato e nero,  la raffinata disposizione degli oggetti, la finestra con la vetrata, il gusto dell’arredo, la sedia con le borchie e le teste di leone, il ricorrente tendaggio arabescato e l’impaginazione dei quadri alle pareti. Una bellissima abitazione, credo, anche nell’ottica di un architetto di oggi.

Nella Donna in piedi davanti alla spinetta della National di Londra è rappresentato un grande quadro con Cupido e si vedono, come zoccolo tra pavimento e parete, piastrelle di Delft con tipiche figurine blu. Il quadro, riprodotto anche nel Concerto interrotto (collezione Frick, New York) e -- con una maschera aggiunta, di significato simbolico -- anche nella Fanciulla che dorme del Metropolitan, è elencato tra i beni di famiglia ed è opera del pittore olandese Caesar Van Everdingen. Le piastrelle sono presenti anche nella cucina della Lattaia di Amsterdam.

Gli Everdingen pittori erano due, Caesar, affascinato dalla cultura del Sud Europa, imitatore di modelli italiani e dedito a opere di argomento storico e mitologico, e il fratello Allart, attratto invece dal Nord, paesaggista di luoghi scoscesi, di cascate, di foreste scandinave. Ho un piccolo disegno a china, che porta il monogramma AVE, firma caratteristica del fratello paesaggista, Allart, oggi forse il più conosciuto dei due. Ho anche qualche piastrella di Delft dell’epoca con figurine blu: le vendono numerose e a poco prezzo gli antiquari della città e di tutta l’Olanda. Sono proprio quelle degli arredi dipinti. Non è molto, ma è qualcosa. Guardare l’uno e le altre pensando  ai quadri di Vermeer, mi fa sentire un ingenuo ma saldo legame e nobilita questi oggetti di poco valore rendendoli preziosi.


 


Francesco Dallera

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