Esistono malattie nuove e malattie che sono sempre esistite ma non erano identificate come entità degne di nome e significato autonomo. Quando io studiavo, “fibromialgia” non esisteva come
termine medico e i sintomi generici e multipli di chi ne soffriva, a seconda della prevalenza, erano interpretati e attribuiti con qualche forzatura e approssimazione a una delle malattie reumatiche note: artrite reumatoide, reumatismo palindromico, artrosi, polimialgia, connettiviti ecc. Un’osservazione più attenta negli ultimi anni ha permesso di raccogliere con proprio nome e propria dignità un insieme di disturbi che si ripetono o continuano nel tempo. Per lo più donne fra i 20 e i 50 lamentano dolori osteo-muscolari diffusi e affaticamento sproporzionato con numerosi punti sensibili alla palpazione, senza segni di infiammazione; nessuna alterazione agli esami di laboratorio (la VES, il più noto indice di infiammazione, è sempre bassa, a differenza che in altre patologie muscolo-tendinee o articolari generalizzate), normalità assoluta delle indagini radiologiche, ultrasonografiche, della risonanza magnetica, della diagnostica tecnologica più aggiornata. La risposta alla terapia è scarsa, qualche beneficio si ha con l’esercizio fisico controllato.
Il quadro clinico è in parte sovrapponibile a un’altra forma emersa e definita in anni recenti: la astenia (fatica) cronica, che ha lo stesso bersaglio (donne fra 20 e 50 anni), ma prevalenza della stanchezza sui dolori. Tra le cause ipotizzate ma non provate per entrambe, un’origine virale, disturbi del sonno, un’aberrante percezione degli stimoli dolorosi, depressione. Raramente la fibromialgia si accompagna a ipotiroidismo, artrite reumatoide e (nell’uomo) apnea notturna.
Alla domanda “dove sente dolore?” la paziente – di solito donna – risponde “dappertutto”: prevalgono dolori a collo, spalle, area lombosacrale, bacino; frequenti sono stanchezza, torpore, turbe del sonno, sintomi intestinali, mal di testa. Lo sforzo fisico anche minimo aggrava i dolori e l’affaticamento. Punti “grilletto” che alla pressione accendono il dolore sono il trapezio, l’epicondilo laterale del gomito, la parte molle interna del ginocchio. Non si osservano all’esame fisico altre anomalie.
Per questi pazienti sono indispensabili un approccio interdisciplinare e una speciale attenzione psicologica. Occorre trasmettere loro con forza il messaggio che, sebbene nessuna terapia abbia efficacia risolutiva, una opportuna combinazione di farmaci e cure fisioterapiche e posturali può essere di aiuto mentre – aspetto incoraggiante – il decorso della malattia non è progressivo: non vi sarà peggioramento.
Utile la terapia comportamentale cognitiva e di gran moda negli ultimi tempi la meditazione “concentrata” mutuata dal Buddismo (mindfulness meditation).
L’agopuntura è inefficace, ma anche gli analgesici-antinfiammatori (Aulin, Brufen, Sinflex, Voltaren e tutti i cosiddetti FANS) hanno scarsa utilità; gli antidepressivi triciclici sono spesso usati ma con risultati modesti, come pure insoddisfacenti si sono dimostrati i farmaci IRS (Prozac, Entact Zoloft ecc.) o altri neurotropi.
I cortisonici e gli oppiacei non hanno posto in questa patologia. I dati di laboratorio mantengono la loro negatività nel tempo: stabili i sintomi, stabili (nella persistente normalità) gli esami ematochimici e radiolgici.
Con un programma ben organizzato, pur con sintomi cronici, i pazienti fibromialgici, resi consapevoli della innocuità della malattia, accompagnati e seguiti in un’attività cinetica idonea, possono avere una vita proficua sul lavoro e in società.
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