Il Flauto Magico

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l Flauto Magico
, scritto da Shikaneder e musicato da Mozart, è la più straordinaria dimostrazione di quanto sia assurdo, contraddittorio e impenetrabile il mistero della musica che riveste la parola. L’opera è una fiaba tenue e un po’ sciocca, nonostante i tentativi della critica di renderla importante con la simbologia massonica e la metafora del bene che trionfa sul male (comune, del resto, a tutte le favole del mondo, se escludiamo Cappuccetto Rosso nella versione non addomesticata, senza cacciatore che taglia la pancia al lupo). Tuttavia, la meraviglia della musica la rende divina, a dispetto della puerilità del testo e dell’arbitrio del racconto. Non so che effetto mi farebbe se comprendessi bene il tedesco, invece di mediarlo con la faticosa traduzione. Ho l’impressione che questo artificio la avvantaggi, tanto mi sembra debole la storia. Debole, infantile, però fresca e dunque sempre preferibile alle insopportabili vicende piagnucolose e retoriche o grottesche del melodramma italiano dell’Ottocento. Mozart comunque, dal testo di Shikaneder, trae un’ispirazione magica, in armonia con il suo spirito allegro e magnificamente fantasioso, trovando una musica sublime dal principio alla fine.

Mozart è intelligentissimo e pronto in ogni manifestazione del suo spirito, ma c’è sempre in lui un versante bambino, come traspare dalle lettere e come ha reso bene, secondo me, il film Amadeus, tanto criticato proprio perché irriverente e capace di rovesciare la rappresentazione politically correct dell’artista. Le lettere alla cugina, nella loro insistita coprofilia, sono abbastanza stupide, a essere generosi, e la demenzialità, pur leggera e scanzonata nelle rime improvvisate e nel senso di libertà assoluta, ha una cifra tanto gratuita che non riesce a essere spiritosa e che corrisponde abbastanza alla superficialità ludica ma insignificante di molta sua musica di circostanza. Le opere, costringendolo al rispetto di una tarma e di un soggetto, ne imbrigliano la dispersività e impegnano il meglio del suo genio. La fantasia di Mozart nel Flauto Magico è altissima e ha un carattere particolarmente originale, distillandogli arte somma mescolata con umorismo imprevedibile: solo Mozart poteva inventare il canto mugolato di Papageno con il lucchetto alla bocca, o le arie che si ripetono variate con i miracolosi e paradisiaci campanelli, specialmente quella dove Papageno reclama il diritto ad avere una ragazza, o il gorgheggio celebre della Regina della Notte nel secondo atto, quando si rivolge a Pamina esortandola a uccidere Sarastro, un virtuosismo incredibilmente felice, anticipato da quello simile ma più blando del primo atto, o il duetto Papageno-Papagena verso il finale "Pa Pa Pa Pa, Pa Pa Pa Pa Pa". Tutto Il Flauto Magico è magia musicale, molto più magica di quanto promette il titolo.

Alcuni mi hanno inviato e-mail a proposito del piccolo scritto L’opera, pubblicato sul web nel mio sito, deprecando la scarsa considerazione che ho espresso per il testo del Flauto Magico e considerandola un’offesa sacrilega a Mozart, una presa di posizione che un ignorante come me non può permettersi. Forse mi sono espresso male: quello che penso è che solo una mente sublime può, rivestendola di musica, aver conferito una poesia altissima a una trama di per sé così semplice e infantile. Confermando, più di ogni altro esempio o argomentazione, il paradosso dell’opera musicale o, più in generale, delle storie messe in musica: ciò che è troppo complesso ma anche, magari, troppo sciocco per essere detto o recitato, può essere cantato.


 


Francesco Dallera

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