Il Flauto Magico |
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Mozart è intelligentissimo e pronto in ogni manifestazione del suo spirito, ma c’è sempre in lui un versante bambino, come traspare dalle lettere e come ha reso bene, secondo me, il film Amadeus, tanto criticato proprio perché irriverente e capace di rovesciare la rappresentazione politically correct dell’artista. Le lettere alla cugina, nella loro insistita coprofilia, sono abbastanza stupide, a essere generosi, e la demenzialità, pur leggera e scanzonata nelle rime improvvisate e nel senso di libertà assoluta, ha una cifra tanto gratuita che non riesce a essere spiritosa e che corrisponde abbastanza alla superficialità ludica ma insignificante di molta sua musica di circostanza. Le opere, costringendolo al rispetto di una tarma e di un soggetto, ne imbrigliano la dispersività e impegnano il meglio del suo genio. La fantasia di Mozart nel Flauto Magico è altissima e ha un carattere particolarmente originale, distillandogli arte somma mescolata con umorismo imprevedibile: solo Mozart poteva inventare il canto mugolato di Papageno con il lucchetto alla bocca, o le arie che si ripetono variate con i miracolosi e paradisiaci campanelli, specialmente quella dove Papageno reclama il diritto ad avere una ragazza, o il gorgheggio celebre della Regina della Notte nel secondo atto, quando si rivolge a Pamina esortandola a uccidere Sarastro, un virtuosismo incredibilmente felice, anticipato da quello simile ma più blando del primo atto, o il duetto Papageno-Papagena verso il finale "Pa Pa Pa Pa, Pa Pa Pa Pa Pa". Tutto Il Flauto Magico è magia musicale, molto più magica di quanto promette il titolo. Alcuni mi hanno inviato e-mail a proposito del piccolo scritto L’opera, pubblicato sul web nel mio sito, deprecando la scarsa considerazione che ho espresso per il testo del Flauto Magico e considerandola un’offesa sacrilega a Mozart, una presa di posizione che un ignorante come me non può permettersi. Forse mi sono espresso male: quello che penso è che solo una mente sublime può, rivestendola di musica, aver conferito una poesia altissima a una trama di per sé così semplice e infantile. Confermando, più di ogni altro esempio o argomentazione, il paradosso dell’opera musicale o, più in generale, delle storie messe in musica: ciò che è troppo complesso ma anche, magari, troppo sciocco per essere detto o recitato, può essere cantato.
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Francesco Dallera |