Forgioli alla Permanente

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Uno dei pittori italiani che metto ai primi posti, a prescindere dalla critica "ufficiale" (di cui, in linea di massima, non è bene tener conto, anche se, nel caso di questo pittore, non ha lesinato consensi) e senza lasciarmi influenzare dalla valutazione mercantile ancora relativamente bassa, è Attilio Forgioli. C’è modo di vedere molte sue opere degli ultimi trenta anni nella importante mostra milanese (gennaio-febbraio 2003) al Palazzo della Permanente di via Turati. I numerosi, bellissimi dipinti sono coerenti in un grande rigore stilistico, ma in continua variazione: vederne così tanti insieme, con le datazioni, ci informa compiutamente sull’evoluzione della sua pittura, che si trasforma negli anni trovando sempre linfa nuova, senza incrinare l’uniformità di uno stile unico. Trovo sorprendente la freschezza dei quadri degli ultimi anni, come se il pittore si fosse liberato da angosce e contorsioni intellettuali di gioventù, mantenendo intatto il fascino della sua poesia. A dispetto di quanto spesso accade agli artisti dopo una lunga vita professionale, anche i dipinti più recenti mostrano un’ispirazione vitale, un’attitudine a costante rinnovamento senza cenni di stanchezza o ripetitività.

La maniera di Forgioli è personalissima, apparentemente semplice perché supremamente sintetica, ma ricca di finezza e di sfumature, inimitabile per la qualità assoluta. È una pittura di ispirazione figurativa: i titoli riferiscono di oggetti, paesaggi, frutti. In molti dipinti il soggetto, pur trasfigurato, è ben identificabile, e il riconoscerlo contribuisce alla magia della visione. Altre volte l’innesco iniziale è puro pretesto e dà luogo a immagini vaghe, deformate e lontane da quella primordiale, niente più che un ricordo motivante. Ho scambiato un’"Isola" di Forgioli per una poltrona con gambe e imbottitura, ma non penso che sia grave, perché, sostanzialmente, questa pittura è da guardare come arte informale che mira all’emozione di un impatto visivo: la riconoscibilità del soggetto, talora, può essere utile, funzionale alla comprensione della poetica, altre volte, invece, non occorre e il titolo è soltanto una spiegazione, una traccia per indicare la primitiva ideazione. Quello che conta, in queste opere splendide, è l’armonia del disegno, fluido, sicuro e suggestivo, e dei colori, che sono singolari, vivi, intensi, accostati con geniali dissonanze, eppure trasmettono un messaggio di delicatezza. L’immagine che ne emerge è elegantissima, ma non estenuata, né fragile.

L’effetto di eleganza non leziosa è intensificato dall’uso di tele lasciate intatte, grezze, con un sapore di antico, non preparate, o forse preparate proprio per sembrare invecchiate o scurite. La trama della tela, visibile come sfondo, dove è nel suo aspetto naturale, senza colore, si legge bene anche dove il colore c’è, sotto i veli cromatici a stesura sottile, come di acquerello. È meglio non tentare di descrivere il cromatismo con le parole. I verdi, i violetti, i gialli e gli arancio sono peculiari, aciduli e raffinatissimi, con un risultato emotivo intenso, un esito lirico sempre grande. È raro vedere un numero così elevato di opere, che coprono un arco di tempo ampio, senza cedimenti di qualità.

Nel panorama confuso, in gran parte fasullo, dell’Arte Contemporanea, sostenuto, specialmente in Italia, da una critica tendenziosa, interessata, spesso spudorata, intessuta di parolone ermetiche dirette a chi non capisce, fondata sul bluff (nessuno, per certi autori scandalosamente sostenuti, osa dire che il re è nudo), non vedo attualmente, nel nostro paese, un pittore di qualità superiore a Forgioli, ne vedo pochissimi (meno delle dita di una mano) confrontabili al suo livello. Si deve anche apprezzare che la sua produzione è molto limitata, sottoposta a un "autocontrollo di qualità" e frutto di una ricerca vera. A un talento nitido si sposa una serietà profonda, una dignità di artista d’altri tempi. Non è difficile pronosticare che sarà, storicamente, uno degli artisti italiani più significativi degli ultimi decenni del XX secolo e del primo scorcio di quello appena iniziato. La sua forma espressiva è attualissima, il suo stile alto, personale, inconfondibile, dunque anche la "modernità", la "novità" – mostri sacri da rispettare per l’artista d’oggi se vuole essere collocato nella storia – sono salve: la sua originalità densa di valori suscita ammirazione. A meno che non si consideri ormai superata la pittura fatta con i pennelli e le tele e si reputino attuali, adeguati ai tempi, solo i neon e le installazioni, magari comprensive di almeno un water-closet in materiali vari, occupanti una stanza intera dell’esposizione o del museo e corredati di scroscio d’acqua a funzionamento elettrico.


 


Francesco Dallera

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