Il Libro migliore

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Mi piacciono i quesiti infantili, tipo "Qual è il libro più bello del secolo?". Naturalmente la risposta è soggettiva e non c’è soluzione al problema, sia perché dipende dalla diversa struttura della mente di ciascuno, dalla sua cultura, dalla sua età, sia perché le preferenze sono molto legate al momento di lettura e alle esperienze cronologicamente associate. Limitandoci alla narrativa,Kafka è forse il piu’ grande, ma è troppo sconvolgente, merita una categoria  a parte.   I primi "pezzi grossi", allora, che si affacciano come candidati sono La recherce di Proust e l’Ulisse di Joyce, ma bisogna ammettere che non sono romanzi di agevole lettura, che soprattutto l’Ulisse perde molto nelle traduzioni, che entrambi si leggono volentieri solo a piccole dosi. Proust ha dedicato tutta la vita a scriverlo, ma non per questo si deve passare la vita a leggerlo e rileggerlo. Le osservazioni e la profondità sono massime, ma nel complesso è pesante, anche perché datato. Thomas Mann, Hesse hanno scritto libri di importanza, ma sono inesorabilmente indigesti per il lettore moderno. Mi piacciono quelli più mossi, più attuali. Le saghe di Steinbeck sono state alimenti della mia prima adolescenza, Hemingway della seconda, Fitzgerald dell’ultima adolescenza, e Tenera è la notte  è un bel romanzo romantico, ma non sento più il bisogno di leggerli, tranne pochi racconti di Hem.

Celine certo sta fra i più grandi, anche se si è rovinato la reputazione con i libelli antisemiti. La sua sensibilità umana è commovente (a dimostrarla basta la sua tesi di laurea sul Dr. Sommelweiss), scrive benissimo, ma i libelli sono tra le più strane prove di incoerenza della  psiche umana. Più del Viaggio al termine della notte, mi piace Morte a credito, il primo da me letto.

Fra i sudamericani, portoghesi, spagnoli sono alcuni grandi nomi. Marquez più di tutti ha la rara qualità degli artisti immortali: trasmettere un messaggio filosofico profondo in veste di toccante poesia. Cent’anni di solitudine può aspirare all’elezione di miglior romanzo del secolo diciannovesimo, così fantasioso, nuovo, poetico e denso di valori morali espressi apparentemente senza retorica, e L’autunno del patriarca non gli è da meno. Borges è affascinante letterato, però finto, troppo intellettuale.

Leggo e rileggo con estremo piacere Saul Bellow, e metto Herzog in qualunque terna delle tre migliori opere di narrativa del Novecento, con quella peculiarità inventata e modernissima di scrittura dinamica, vivace e zeppa di cultura non greve, che lo pone a cavallo fra romanzo e saggio. Il dono di Humbolt è allo stesso livello, come anche Il pianeta di Mr. Sammler e gli ultimi brevi, soprattutto Ne muoiono più di crepacuore.

Metto fra i preferiti assoluti Il giovane Holden – The catcher in the rye – del misterioso Salinger, umano, profondissimo, commovente senza enfasi, pieno di poesia (nonostante i critici paludati lo giudichino infantile e datato). Dove c’è un pizzico di manierismo e di retorica, dove la sintesi filosofica è semplificata, il travestimento adolescente ricco di umorismo, li assorbe e giustifica. L’espediente del racconto di un ragazzino consente tratti di sensibilità acutissima, commenti struggenti alla storia raccontata; il gergo giovanile diverte e graffia, è un esempio sempre vivo del linguaggio e dei neologismi sorprendenti della freschezza mentale dei ragazzi intelligenti, con buone scuole, che usano la cultura fingendo di snobbarla con un cinismo che li protegge dalla retorica. Per me questo libro non è affatto invecchiato, ha nacora tutto il suo fascino. Il limite d Salinger è di avere scritto poco, di aver concentrato tutto in un lungo racconto. I pochi altri suoi prodotti letterari sono meno importanti.

Dunque assegno il premio dei migliori libri di narrativa del XX secolo a Herzog e a (udite udite) Il giovane Holden (The catcher in the rye). Tra gli europei, Morte a credito di Celine, con dispiacere per il suo incomprensibile anti-ebraismo espress o con ferocia in opere minori, che ne ha decretato tra l’altro l’ostracismo dal contesto sociale, politico, letterario nel dopoguerra. 

I grandi europei, Proust e Joice e Thomas Mann, così come sudamericani e ispano-portoghesi, dovranno aspettare la premiazione del prossimo anno.

 


Francesco Dallera

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