Itinerari nostrani: verso Mantova

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Ė preferibile mettere in atto questa gita, che richiede una giornata intera, in primavera o prima estate o primo autunno. Le strade saranno libere, la temperatura giusta, la luce durerà più a lungo; se amate la campagna padana e volete rivedere o scoprire piccoli tesori, passerete una giornata pienamente soddisfacente e non vi stancherete. Fra le numerose possibili tappe di questo percorso, quelle scelte non sono necessariamente le più importanti, ma sono meritevoli e, alcune, forse, poco note.

Considerando di partire da Lodi, verso Piacenza sulla Via Emilia, si svolta a sinistra appena fuori città, imboccando la Vecchia Cremonese (allargata e resa rettilinea in anni recenti), in direzione Cremona; arrivati a Castiglione, si entra in paese per poche centinaia di metri: la chiesetta dell’Incoronata, del primo Cinquecento, è una preziosa costruzione che offre un piacevole contrasto fra intonaco bianco e fregi e cornici di cotto, all’esterno e all’interno. Qualcuno ha fatto costruire una insensata casupola in muratura annessa alla pesa pubblica, che ostruisce il fianco della chiesa. Dietro l’altare, un bel polittico di Albertino Piazza e, a fianco, a destra, murato, una pietra tombale dei Pallavicino con lo stemma della casata, che era sul pavimento; rialzato, sulla sinistra, un sontuoso sarcofago di marmo rosato.

Torniamo sulla strada per Cremona e fermiamoci venti minuti a Pizzighettone per ammirare le mura antiche, certo più autentiche di quelle, tanto rinomate, di Carcassonne e la torre dell’XI secolo (Del Guado), nella quale fu tenuto prigioniero Francesco I dopo la battaglia di Pavia ("Tutto è perduto fuorché l’onore"). Qualche fortunato coltiva pomodori e peperoni con il sapore dell’alta epoca: in cima alle mura, sono numerosi gli orti; vi sono anche aree incolte e giardini, curati, per il turismo e le visite guidate, da un gruppo di volontari. Lungo la via principale, a ridosso delle mura è la chiesa di S. Bassiano, con caratteri gotico–lombardi e abbondanti aggiunte rinascimentali. Il pavimento si abbassa rispetto alla strada di qualche gradino, come è per le costruzioni più antiche. Purtroppo alcune cappelle laterali, sfondate con grossolani ampliamenti di cemento, sono deturpate. Anche sul campanile cinquecentesco c’è un incongruo cartiglio di marmo che inneggia al Redentore. Inoltre il campanile ha, per tutta l’altezza, una copertura levigata che simula i mattoni; dove questo strano intonaco inciso, brutto, stravagante e impensabile, inteso a "rinnovare" il muro, si è scrostato, si vede tutta la bellezza dei vecchi mattoni rispetto a quelli di imitazione. Ci sono però numerose cose belle "minori" all’interno: un affresco (Crocifissione) di Bernardino Campi, un tabernacolo cinquecentesco di pietra, pieno di fascino, nella seconda cappella a sinistra, tre belle sculture trecentesche (Annunciazione, Natività, Epifania) nella terza a sinistra, un bel pulpito marmoreo e altri affreschi d’epoca piuttosto rovinati. Il coro rinascimentale è notevole: per quanto graffiato e segnato da secoli di sedute, è un a meravigliosa evidenza di legno in prima patina. Pizzighettone merita una visita: è una piccola città ricca di storia, con scorci sull’Adda dalle mura e belle costruzioni.

Si prosegue per Roggione (chiesetta graziosa intonacata di rosso-cupo***, dotata di meridiana) e per un viale di pioppi alti, si ritorna sulla Vecchia Cremonese: si passa accanto a Crotta d’Adda, dove fino a non molti anni fa, si attraversava il fiume con un traghetto, prima che fosse costruito il ponte. Nelle vicinanze è il castello di Maccastorna, ben conservato, medioevale, dove Cabrino Fondulo, in armonia con le consuetudini del tempo, fece uccidere gli ambasciatori milanesi dopo un banchetto. Si attraversa Cremona fino ad un bivio che indica a destra Parma-Casalmaggiore, a sinistra Mantova e si prende per Mantova, sulla Padana Inferiore. Si supera Piadena, dove si è costituito un piccolo museo preistorico con reperti emersi durante la costruzione della tangenziale che stiamo percorrendo, e si passa oltre Bozzolo, paese dove, oltre alle sete cui deve il nome, si producevano barrocci o, in lombardo, birocci (carretti a due ruote) rinomati, esportati specialmente in America. Al di là di un ponte sull’Oglio, si sfiora Marcaria; vicino, a Casatico, in località Costa Castiglioni (si può entrare nella cascina, volendo), è nato Baldassarre Castiglioni, immortalato nel ritratto barbuto di Raffaello, autore de Il Cortegiano, testo di enorme influenza sull’educazione alle buone maniere per oltre cento anni (l’Imperatore Carlo V aveva accanto al letto La Bibbia, Il Principe e Il Cortegiano).

Appena più avanti, a Curtatone, luogo della battaglia risorgimentale, è pieno di cose da vedere il santuario delle Grazie, con grande piazzale antistante ove si tiene ogni anno a Ferragosto il concorso dei madonnari. Sulla destra della chiesa, bella vista da posizione sopraelevata di una vasta pianura verdeggiante. La chiesa ha un impianto dei primi del Quattrocento e stratificazioni interessanti dei due secoli successivi. Essendo un santuario, contiene una quantità di ex voto, dei quali molti sono inconsueti e di notevole impegno, come cinquantadue statue di legno, stucco e cera, a grandezza naturale, di miracolati (lato destro), per lo più condannati che devono aver evitato il supplizio (rappresentato nella scultura) per qualche grazia o intercessione all’ultimo momento e (lato sinistro) soldati, alcuni dei quali avevano armature cinquecentesche autentiche (le più preziose dei celebri scultori milanesi Missaglia), ora parte in sagrestia, parte al Palazzo ducale di Mantova. L’eco della battaglia di Pavia, scontro storico che dimostrò in modo irreversibile l’importanza delle armi da fuoco, è evidente: bastava un gruppo di archibugieri ben appostato, per sbaragliare la miglior cavalleria: l’abbigliamento e le armature sfarzose erano ormai oggetti da parata; sulla facciata, fra lapidi, sono murate, in disposizione geometrica, alcune palle di cannone portate da mantovani partecipanti alla battaglia. Nell’interno sono anche notevoli gli affreschi floreali del Quattrocento e, curioso, un piccolo coccodrillo imbalsamato appeso a un travicello di ferro del soffitto, rappresentativo del diavolo o forse simbolico della scienza farmaceutica dei frati. Sempre all’interno della chiesa, per chi è affascinato dal Rinascimento, fa un certo effetto vedere il mausoleo del Castiglioni (disegnato da Giulio Romano), a pochi chilometri dal luogo di nascita, con la commossa e solenne epigrafe del Bembo incisa nel marmo. Il carattere popolare che hanno tutti i santuari (questo edificato dopo la peste di fine Trecento), è attestato anche qui dai numerosi ex voto ingenui, come diverse grucce e alcuni palloni da calcio di cuoio vecchio: incidenti di gioco finiti bene, evidentemente, invocazioni di attaccanti o portieri spericolati ma devoti, colpiti in scontri di gioco, o semplicemente, forse, partite vinte, tornei così importanti da meritare che si scomodasse la Madonna.

In un frammento di affresco a destra dell’altare, un grosso coniglio bianco è stato recuperato per intero dal restauro. Ė pregevole anche, fra la III e la IV cappella , un bel rilievo di marmo, datato 1610.

Siamo ormai alle porte di Mantova: nel quartiere omonimo, la chiesa degli Angeli, affacciata al Lago Superiore (da ammirare con la vegetazione palustre che lo ricopre), quattrocentesca, blandamente goticheggiante, si segnala per l’insolito nitore esterno e interno: non vi sono le consuete sovrapposizioni barocche e recenti che turbano le chiese italiane di qualunque importanza e spesso le guastano se le stratificazioni non sono di altissimo livello; invece, la facciata (con rosone) e le fiancate sono interrotte da eleganti lapidi antiche di pietra bianca e l’interno ha pareti quasi nude, di esemplare semplicità. All’altare, una Madonna di pittore mantegnesco, lontana dalla qualità del maestro, ma di bel sapore: quarantatre angioletti circondano la Madonna, ricalcando quelli del Trittico degli Uffizi, della Madonna con Cherubini di Brera e della Madonna Trivolzio del Castello Sforzesco.

Siamo a Mantova: per dare varietà al giro, pensiamo di inserire, fra tutte queste bellezze artistiche "minori", qualcosa di "maggiore". In una giornata senza code, potete includere nell’itinerario il giro nel centro della città, con S. Andrea di Leon Battista Alberti, Palazzo Ducale e Castello di S. Giorgio, punti chiave del processo di civilizzazione, del passo avanti che le corti illuminate e colte di Urbino, Ferrara e Mantova, oltre che, naturalmente, Firenze, hanno determinato nella storia dell’uomo. L’eccezionalità e la conservazione delle testimonianze medioevali e rinascimentali non mancano mai di stupire anche dopo molte visioni, e la Camera degli Sposi è una delle più sublimi creazioni della pittura di ogni tempo, con la sua rappresentazione della serena vita di corte, i suoi umanissimi ritratti (i primi a grandezza naturale) e gli impareggiabili bambini. Non è il caso di sostituirsi a guide più illustri nella descrizione di simili splendori: solo è da suggerire l’esplorazione prolungata dell’esterno di S. Andrea dal transetto sinistro, dove il non finito della muratura rinascimentale permette di apprezzare ancora meglio la complessità, il lavorio e il gioco di volumi che stanno dietro gli esiti estetici di questo capolavoro dell’architettura rinascimentale, mentre, così levigato, armonico e prezioso nella facciata e nelle parti finite, sembra, ingannevolmente, una magia naturale. Sono degni di osservazione dettagliata, il portale marmoreo a volute floreali (facciata) e la vera da pozzo nella piazzetta sul fianco sinistro, piccola e tranquilla, con antiche costruzioni.

Altro punto particolare su cui soffermarsi, tra le meraviglie del Palazzo (cinquecento stanze!), il giardino pensile, sorretto da volte e gallerie invisibili: farà un’impressione più forte se lo confronterete, da una finestra vicina, con il piano stradale molto più basso.

Non c’è che da esprimere il rimpianto che il Palazzo non abbia più, venduta in parte al Re d’Inghilterra nel Seicento, in parte razziata dalle truppe imperiali, la collezione di dipinti, che costituiva una delle più importanti pinacoteche italiane.

Davanti al Palazzo Ducale, un negozio di souvenir connesso a un bar ("Gonzaga"), è una sorprendente libreria con pubblicazioni quasi antiquariali sulla città, cataloghi di vecchie mostre e altre rarità e curiosità difficilmente reperibili altrove.

Si può fare uno spuntino prima o dopo la visita al Palazzo Ducale, nello stesso bar ristorante del Palazzo, se non si è esigenti, o in uno più qualificato, se maggiori sono le pretese.. Se si è partiti da Lodi intorno alle 7 e 30, ora è il primo pomeriggio. Possiamo uscire da Mantova dopo aver guardato, appena oltre il centro medioevale, i laghi Inferiore e Di Mezzo e dirigerci verso Sabbioneta, per una strada fiancheggiata da siepi irregolari, in prevalenza di acacie. Si può scegliere se fermarsi a Sabbioneta, paese rinascimentale voluto da Vespasiano Gonzaga, intatto e leggermente cristallizzato ma con il pregio dell’autenticità – sul tipo di Pienza – e restarvi per un paio d’ore, o, se la si conosce bene, percorrerla per qualche minuto in automobile o a piedi per rinfrescarsi la memoria e proseguire per Colorno, sulla strada per Parma. Appena prima di Sabbioneta, però, merita una piccola deviazione il paese Villa Pasquali, per la chiesa dovuta a uno dei Bibiena, Antonio: una costruzione di mattoni a vista, dalla facciata articolata, vigorosamente settecentesca.

Dopo Sabbioneta, ci si avvia a sud verso Colorno, dove si può vedere (ultimo ingresso però alle ore 16) la grande villa che era stata dei Farnese, imponente ed elegante, sul torrente Parma, la cui impronta principale, tra le varie ristrutturazioni, è quella del Bibiena. Il palazzo, che ha un bel parco con fontana e una chiesa settecentesca sul retro, è sede di frequenti mostre.

Si riprenda ora verso Casalmaggiore e, seguendo la direzione "centro", si giri verso l’indicazione "Madonna della Fontana": dopo qualche centinaio di metri si arriva al Santuario, una piccola aggraziata chiesa quattrocentesca, in quel frequente stile padano in cui cornici, finestre e impianto romanico sono commisti a tratti gotici attenuati; un mosaico recente dai colori squillanti guasta la facciata, ma c’è un bel portale di cotto a formelle, di cui una a sinistra è murata sottosopra (si tratta di formelle quadrate, tutte uguali, con rilievi di teste orientaleggianti e volute fiorite). All’interno, a sinistra appena entrati, la modestissima tomba del Parmigianino che, morendo, dopo breve malattia, "una febre grave e un flusso crudele", come dice Vasari, "volle esser sepolto nella chiesa de’ frati de’ Servi chiamata La Fontana, lontano un miglio da Casalmaggiore. E, come lasciò, fu sepolto nudo, con una croce d’arcipresso sul petto in alto".

Conviene prendere per S. Giovanni in Croce, verso nord, e quindi per Cremona sulla cosiddetta strada "Giuseppina" (dal nome della moglie di Napoleone), larga, comoda e rettilinea, quasi priva di traffico quando l’ho percorsa, un mercoledì di giugno. Ci si deve fermare all’imbocco di Cremona per un’ altra opera meritevole di visita: la chiesa di S. Sigismondo, (seconda metà del Quattrocento), dalla nitida facciata con rosone e pinnacoli, dell’architetto Gadio, lo stesso della rocca di Soncino. La fa ricostruire, in luogo della precedente, Francesco Sforza, che si era sposato proprio qui con Bianca Maria Visconti. L’interno, comprese le lesene, è tutto affrescato dai Campi e da altri cremonesi; dei Campi sono anche innumerevoli tele nelle cappelle. Originale il tiburio e bello il coro a tarsie del Cinquecento, come bello è il grandioso organo che porta lo stemma con il biscione dei Visconti. Il biscione è anche sulla porta coeva che dà sul chiostro, scolpita in noce con erme, animali, frutta e altri decori e da poco restaurata, come tutta la chiesa.

Se, invece di immettersi nella circonvallazione tangenziale, si attraversa Cremona, si troveranno miracolosamente i numerosi semafori tutti sincroni, un’efficienza di programmazione insolita. Si torna con il sole al tramonto. Ė un giro denso eppure rilassante, come una scampagnata in auto senza meta che invece ha trovato molte mete.

  • 2003

  • ***la chiesa-santuario, rivista nel 2005, è intonacata giallo-senape

 


Francesco Dallera

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