Si è molto pubblicizzato negli ultimi anni l’impiego del laser in medicina. Il laser è una luce fortemente focalizzata, capace di sezionare e distruggere tessuti organici (come del resto qualunque materiale, se potenze e apparecchiature sono idonee) producendo calore. Un calore che non diffonde, data la concentrazione del raggio, così che si riduce al minimo l’offesa dei tessuti circostanti, l’infiammazione postoperatoria, l’edema e il dolore, e la cicatrizzazione è più rapida e di qualità migliore. A seconda della fonte di energia, della lunghezza d’onda, della durata dell’impulso, gli effetti sono diversi e vari tipi sono stati studiati e prodotti con differenti indicazioni. Il primo settore medico nel quale si è largamente impiegato il laser, è l’oftalmologia, per il trattamento della retina. Per quel che riguarda la branca di cui mi occupo, la dermatologia, sono utilizzati i laser a CO2 e ad argon, a neodimio yag, a eccimeri e altri, con lunghezza d’onda variamente assorbita dai diversi pigmenti cutanei. In sostanza si tratta di strumenti chirurgici, che possono rimuovere neoformazioni cutanee grandi e piccole, dalle verruche - specialmente quelle refrattarie ad altri trattamenti - alle cheratosi, agli angiomi, a tumori benigni o anche maligni di vario genere, inclusi i nei e gli epiteliomi basocellulari e possono rimuovere macchie colorate naturali o artificialmente procurate (tatuaggi). E’ una leggenda che non si possano esaminare istologicamente le formazioni asportate con laser, per esempio i nei, come qualche volta capita di leggere su articoli di divulgazione medica. Naturalmente occorre fornire all’istologo il pezzo di tessuto intero, quindi staccarlo come si farebbe con un bisturi, non distruggerlo carbonizzandolo durante l’intervento (metodica più semplice e più veloce quando il controllo microscopico non occorre). Piuttosto il problema è stabilire quale sia il metodo preferibile - chirurgia tradizionale, laser (e quale tipo di laser), crioterapia - per quella determinata lesione cui ci troviamo di fronte, secondo la sede, la dimensione, i caratteri della lesione stessa. Il laser non è una panacea, però, certo, la necessità dell’istologia non è una controindicazione al suo uso. Con i moderni laser "pulsati" si ottengono buoni risultati anche su alterazioni delicate e superficiali, come macchie scure, lentiggini, rughe. I tatuaggi possono essere eliminati, con vantaggi rispetto ad altri metodi; a patto che non si pretendano miracoli: se l’inchiostro ha raggiunto strati molto profondi, come in casi di esecuzione maldestra, l’esito sarà la scomparsa del colorante con sostituzione, però, di un tessuto più rosato rispetto alla cute circostante.
Per lesioni che non siano molto piccole e richiedano tempi lunghi, è opportuna anestesia locale, perché il laser, durante la sua azione, dà bruciore, "scotta". Come detto, il dolore postoperatorio è quasi sempre assente. Inoltre non c’è sanguinamento, così che gli interventi risultano rapidi, comodi, "puliti". Il rischio di infezione diminuisce notevolmente, per l’emostasi immediata e perché non si tocca il tessuto con uno strumento ma lo si distrugge o seziona con una radiazione. La cicatrice, a parità di lesione trattata, di condizioni e di localizzazione, è di solito migliore che con altri sistemi.
I costi elevati degli strumenti, oltre che una certa inevitabile pigrizia e cautela di fronte alle novità, sono probabilmente l’ostacolo a una diffusione maggiore di questa metodica prodigiosamente utile.