La malattia di Crohn

<<Torna all'indice



La malattia di Crohn è un'infiammazione transmurale (coinvolge la parete a tutto spessore) del canale alimentare, che può colpirne in modo segmentario qualunque tratto. Una delle localizzazioni più comuni è all'ileo, al confine con il colon, da cui il nome molto usato in passato di ileite terminale (già Morgagni ne descrisse un caso nel 1761). Altre denominazioni della malattia sono ileocolite granulomatosa, per le caratteristiche microscopiche delle lesioni, enterite regionale, enterocolite regionale. Le alterazioni infiammatorie, che spesso si presentano visivamente con un aspetto simile al selciato e con erosioni sanguinanti, possono produrre masse ostruttive nella sede dove si sviluppano, o fistole, cioè tragitti che penetrano in altri organi (vescica) o si fanno strada all'esterno (perianali). A volte sono presenti disturbi exraintestinali, per esempio articolari. Anche quando interessa il colon, la malattia si distingue dalla colite ulcerativa - parente stretta della malattia di Crohn - per la diversa distribuzione e profondità.

Insorge di solito in giovani adulti, con esordio insidioso e sintomi blandi, spesso interpretati come da "intestino irritabile" o intolleranza ai latticini.

Sintomi comuni all'inizio sono: diarrea saltuaria alternata a periodi di normalità o stitichezza, febbricola, dolore alla parte destra inferiore dell'addome ( in cui il medico può palpare una massa). Se esordisce con un dolore a destra in basso, può simulare un'appendicite acuta. Una fistola o un ascesso perianale costituisce il primo indizio in alcuni pazienti. A volte sono presenti disturbi extraintestinali, per esempio articolari.

Non era raro nei decenni passati che il malessere si trascinasse per anni prima della diagnosi. Oggi un riconoscimento diagnostico tempestivo è reso più facile dalla disponibilità e facilità degli esami endoscopici e bioptici e da indagini di laboratorio specifiche per le malattie infiammatorie intestinali.

Non si conosce la causa della malattia, ma dai numerosi e tutt'altro che definitivi studi in proposito, a fianco di fattori genetici (soprattutto una peculiare reattività immunitaria) e ambientali (le aree urbane sono a maggior rischio di quelle rurali), sono emersi due curiosi sospetti, un battere simile a quello della tubercolosi e il virus del morbillo: bambini vaccinati per il morbillo, in un'indagine durata ventuno anni, hanno mostrato maggiore probabilità (tre volte) di sviluppare la malattia di Crohn rispetto a un gruppo analogo di non vaccinati. I dati sono però ancora approssimativi e insufficienti.

Le complicazioni (ostruzione o blocco intestinale; fistole) in certi casi richiedono l'intervento chirurgico, ma spesso la cura medica è in grado di mantenere il paziente in benessere e di assicurare per lunghi periodi una buona qualità di vita, a patto che ci siano controlli medici regolari e che il tono dell'umore o, come si dice, "il morale", rimanga buono. Naturalmente il decorso e la gravità sono molto variabili da caso a caso.

I farmaci più utilizzati sono antinfiammatori (mesalazina, il farmaco di base); antibiotici, specialmente quelli per i microbi che vivono in anaerobiosi nelle fistole; corticosteroidi ad azione generale o locale (budesonide, che non è assorbito nel circolo ematico); immunosoppressori tradizionali, come l'azatioprina, fino agli ultimi farmaci "biologici" e ad altri recenti approcci. Sono da curare gli aspetti nutritivo-alimentari, perché una caratteristica frequente della malattia è di impedire un corretto assorbimento di vitamine o microelementi (ferro, calcio secondo le indicazioni del laboratorio). In situazioni critiche, la nutrizione per via venosa fino al superamento della difficoltà può essere risolutiva.

 


Francesco Dallera

<<Torna all'indice