Medicina tradizionale, omeopatia e compagnia bella

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Piero Angela è stato assolto dal giudice Sgro (un giudice giudizioso, possiamo dire, anzi giudiziosa, perché donna) dall’accusa di aver diffamato l’omeopatia nell’evidenziarne le incongruenze in una trasmissione televisiva. Per fortuna. Per aver cercato di fare chiarezza e ordine sull’argomento, è stato portato in tribunale e ha rischiato una condanna.

La presunta efficacia dei prodotti omeopatici si basa sull’attività di sostanze infinitamente diluite, cioè ormai inesistenti nella soluzione. Invece che precisare gli effetti collaterali, come nei farmaci convenzionali, i "bugiardini" dei prodotti omeopatici, grazie al fatto che non richiedono verifiche ministeriali o di altre autorità di controllo, sono entusiasmanti: elencano una sfilza di proprietà quasi miracolistiche, indicazioni molteplici e colorite descrizioni di sintomi candidati a essere alleviati, così numerosi e diversi che, in qualcuno di loro, il paziente riconoscerà con soddisfazione i propri. La teoria della diluizione sviluppata da Heinemann è una fantasiosa intuizione di un’epoca ancora poco scientifica (ma Leonardo già due secoli prima avrebbe deriso simili idee liquidandole come stupidaggini, come fece per maghi, astrologia e altre credulità irrazionali), mai dimostrata (né, credo, potrebbe esserlo) e trascinata incredibilmente fino a oggi. Anni fa, su una rivista qualificata comparve un articolo che, dimostrando una memoria molecolare dell’acqua, sembrava riaprire uno spiraglio di scientificità per l’omeopatia: si rivelò, purtroppo per gli omeopati, uno scherzo. Per quel che ho visto, l’omeopatia ha risultati, a patto che ci credano fortemente, su persone che, tendenzialmente ostili al razionale, oppongono alla scienza di cui diffidano, un’altra sedicente scienza che pare più dolce, meno cruda, e funziona però su patologie di diagnosi vaga; soprattutto su allergie ipotetiche e mal documentate, ansia e nevrosi varie, o altri malanni etichettati con termini medici ma attinenti a categorie incerte e probabilmente con risvolti psicosomatici. La componente curativa della persuasione e della suggestione è tuttora largamente sottovalutata. Anche i nostri farmaci convenzionali agiscono molte volte così. Sono più efficaci se corredati da un bel colloquio, da ampie spiegazioni da parte del medico, o da un apparato scenografico che colpisca. L’effetto placebo, che andrebbe studiato con maggior impegno e profondità, in molte situazioni basta e avanza. L’acqua fresca può dunque funzionare benissimo, sebbene sia difficile accettarlo soprattutto su di sé: consideriamo influenzabili gli altri, non noi. L’equivoco è incrementato dal cattivo uso dei farmaci convenzionali, dal loro pericolo quando sono impiegati a sproposito, dai medici frettolosi e sgarbati che guastano la reputazione della medicina scientifica – inducendo a identificarla con un comportamento arido e presuntuoso – dallo sfruttamento economico e dalla disonestà di alcuni, peccati presenti in ogni categoria umana e in ogni professione, ma che nel medico, gestore di argomenti sacri come la vita e la salute, sono meno tollerati dalla sensibilità comune. Tutto questo allontana dalla medicina ufficiale le persone incappate in esperienze sfortunate, come se la colpa di un individuo fosse colpa del sistema scientifico che l’individuo rappresenta. Tutti i medici che si definiscono alternativi – che applichino l’omeopatia o leggano nell’iride o nelle linee del piede del paziente la diagnosi e la cura – dedicano tempo e attenzione al rapporto umano: proprio quello che, colpevolmente, è spesso trascurato dalla nostra medicina. Qui sta, probabilmente, la chiave del loro successo. Ma occorre essere piuttosto ingenui per confidare in cose incredibili. Quello che manca a queste teorie non è solo la dimostrazione scientifica: è anche un’attendibilità basata sul buon senso. Capisco il desiderio di magia, ma una ricerca di irrazionale-arazionale-antirazionale ad ogni costo – oggi – è sorprendente.

Chi guarda, credendoci, gli oroscopi, e alla sera tardi maghi e maghesse nelle reti televisive locali snocciolare previsioni assolute e sbrigative, soprattutto su questioni d’amore? Se qualcuno ha fiducia in risposte così elementari e scontate da personaggi non di rado folcloristici, si può comprendere, allora, come tanti si affidino, anche in campo medico, proprio a quelli di cui sarebbe prudente sospettare.

Certo, mi sorprende che si rivolga talora a omeopati la regina Elisabetta (se è vero). Ancor di più mi meraviglia che ci credano persone con una formazione scientifica: mi sembrano bizzarri i medici che addirittura scelgono di esercitare, nel ventunesimo secolo, branche come l’omeopatia. Proprio, a dire la verità, non me lo spiego.

 


Francesco Dallera

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