"O sole mio" 

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Il sole, adorato nelle religioni primitive, collocato fra gli dei nella mitologia greca, apprezzato fino a ieri come ricostituente naturale e, in quanto attivatore della vitamina D, garanzia di salute e benessere, capace di prevenire il rachitismo e di aumentare le difese immunitarie, ultimamente sembra caduto in disgrazia, almeno nelle sue relazioni con la pelle: trascurando le dermatiti acute che possono seguire di poche ore l'esposizione alla luce solare e limitandoci qui a considerare quelle croniche, è colpevole di favorire i melanomi e gli epiteliomi cutanei (tumori dell'epidermide, strato di rivestimento superficiale), temuto perché raggrinzisce il derma (strato sottostante all'epidermide), anticipa l'invecchiamento, provocando elastosi (aspetto della pelle simile al cuoio, come si vede nei lavoratori agricoli e nei marinai anziani), accelera la couperose negli individui predisposti, è causa di macchie, comedoni senili, cheratosi di un tipo pericoloso e chi più ne ha più ne metta. A sentire i dermatologi più severi, il misero dono dell'abbronzatura è un patto col diavolo. Anatema sul sole!

Tuttavia questa campagna denigratoria che assume toni al limite del terrorismo psicologico, non trattiene quasi nessuno dall'abbronzarsi.

Nei secoli passati la carnagione scura era vista come un difetto. Casanova, frequentatore delle corti europee e della migliore società del Settecento, massimo esperto di bellezza femminile e, si potrebbe dire, opinionista sulle tendenze mondane del secolo, in più occasioni esalta, ponendolo tra le prime virtù, il candore dell'epidermide nelle donne oggetto delle sue attenzioni. Oggi, invece, il connotato positivo è l'abbronzatura, vincente, decisamente "cool" sia nell'uomo che nella donna, nonostante le prediche.

Intanto le industrie cosmetiche si danno da fare con la pubblicità, lasciando intendere che con le loro creme il pericolo da sole è scongiurato, mentre chi vuole farne a meno è destinato al peggio.

Per la verità il messaggio, sia da parte degli esperti che dell'informazione pubblicitaria, non è sempre chiaro. Chi deve usare le creme-filtro? Quando scegliere i filtri più deboli, quando i più potenti? Per quanto tempo ci si può esporre, se si usano i filtri? Gran parte dell'equivoco viene dal fatto che oggi si sta al sole appunto per abbronzarsi, per cui l'effetto delle creme-filtro non dovrebbe, nelle intenzioni del fruitore, impedire l'abbronzatura. Non mancano in commercio, del resto, ad aumentare la confusione, prodotti che dichiarano di accelerare l'abbronzatura mentre difendono. Se non fosse per questa ambivalenza (proteggere la pelle ma non attenuarne la pigmentazione), il messaggio semplice e coerente sarebbe: non esponete il corpo al sole se non volete subirne gli effetti negativi. O almeno copritevi di bianco come i beduini o, se siete in barca e non potete drappeggiarvi di teli bianchi, cospargetevi del più efficace filtro antisolare che il dermatologo conosca, per esempio a base di acido paraminobenzoico. Naturalmente, dimenticate l'abbronzatura. Ma il consiglio sarebbe in contrasto con gli interessi dell'industria e in attrito con i modelli estetici attuali: chi mai lo seguirebbe? Bisogna allora scantonare nei più banali suggerimenti di compromesso: prendete il sole progressivamente ogni giorno un po' più a lungo, per tempi che siete sicuri di sopportare senza ustionarvi, ma - misura precauzionale supplementare - cospargetevi di un filtro proporzionato alla vostra carnagione. Facile da formulare, questo lineare consiglio non è semplice da seguire alla lettera, per la differenze atmosferiche e la variabilitù dei luoghi, delle stagioni, delle risposte individuali in momenti diversi. Evitate, se riuscite a resistere, il sole intorno a mezzogiorno, quando i raggi sono perpendicolari.

Riassumendo alcuni punti certi: la gradualità dell'esposizione è l'accortezza più utile. La pelle ha un fisiologico adattamento al sole (sviluppando l'abbronzatura). Diamole qualche giorno e si difenderà da sola. La progressività e la rapidità della pigmentazione dipende dal colore della pelle. Convenzionalmente si distinguono 6 fototipi, ove l'estremo più sensibile corrisponde ai fototipi 1 e 2, che di solito hanno capelli rossi o biondo o castano chiaro, non si abbronzano mai e si arrossano sempre (a meno che non assumano psoraleni per via orale, una forma di protezione abbastanza diffusa negli US, che, guidata da un medico, è efficace e senza pericoli); mentre il meno sensibile, il fototipo 6, corrispondente al nero africano, non si arrossa mai. Soprattutto nei primi giorni, filtri più forti saranno d'obbligo per i soggetti di pelle più chiara e sensibile. Quanto ai tempi di esposizione consentiti, ciascuno terrà conto della propria esperienza negli anni precedenti e del buon senso: una spiaggia tropicale è diversa da una ligure o romagnola e un giorno di sole pieno, senza nuvole, diverso da uno velato.

L'aumento dei melanomi negli ultimi decenni giustfica l'allarme-sole. La rilevante differenza nel numero di tumori della pelle fra le popolazioni geneticamente uguali di Australia (escludendo gli aborigeni, ovviamente) e Gran Bretagna, sembra attribuibile alla diversa latitudine e all'effetto dei raggi UV. Le caratteristiche della pelle dei soggetti esposti al sole per lavoro (elastosi e milio colloidale) dimostrano poi quale può essere l'effetto di invecchiamento nell'arco di decenni. Con l'informazione, è possibile adottare atteggiamenti equilibrati e misure protettive ragionevoli senza demonizzare nè il sole nè l'abbronzatura. Almeno fino a quando l'abbronzatura non passerà di moda.

 


Francesco Dallera

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