Psoriasi

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La psoriasi non è una malattia grave: non minaccia la vita, non produce disturbi agli organi interni (solo raramente si accompagna ad artrite). Però interessa la cute e per questo viene vista tutti i giorni; quando è diffusa, o interessa aree ben visibili, psicologicamente può sconvolgere. Sempre, e forse oggi di più, un aspetto esteriore alterato, un problema puramente estetico ha risvolti psicologici inimmaginabili sulla persona colpita. Il medico stesso non è sempre conscio del disagio di chi gli si rivolge. Una malattia interna, se non determina dolori continui, si dimentica per buona parte della giornata. Per una malattia della pelle è impossibile.

Molti sofferenti di psoriasi, soprattutto se hanno avuto esperienze terapeutiche negative e da anni i risultati sono scarsi, adottano, di fronte alla cura, alle prospettive e alla stessa interpretazione dell’affezione, atteggiamenti irrazionali incomprensibili se non si afferra la depressione mascherata che sottendono.

Non c’è una cura unica, che vada bene per tutti gli psoriasici. L’estensione, la gravità, la durata della forma, l’età, il carattere individuale, le idiosincrasie personali del paziente sono di grande peso per la scelta del programma. Le preferenze e l’immagine mentale che il paziente si è fatto delle diverse possibilità curative, sulla base di pregressi tentativi e delle proprie letture e informazioni (che di solito non mancano), devono essere incluse nella formulazione della terapia, non per compiacenza, ma perché un farmaco accettato volentieri e lo stesso farmaco assunto con ostilità e paura danno un risultato differente. Per fare esempi, a un ottantenne, l’obbligo a esporsi al sole o a una lampada UVA forse suona come una tortura, per un trentenne è normale e gradito; chi fa un’intensa vita sociale e pubblica, accetterà applicazioni sgradevoli sotto il profilo cosmetico con resistenza maggiore di chi sta sempre in casa; la parola cortisone si associa in genere a un’impressione negativa e l’impiego di derivati cortisonici richiede almeno spiegazioni tranquillizzanti sui tempi, sulle dosi, sui pro e sui contro.

L’ampia disponibilità di sostanze per applicazione locale o per via sistemica – creme e pomate i primi, farmaci per bocca o per iniezione i secondi – richiede una scelta soppesata: si devono, naturalmente, anteporre prodotti più semplici, più comodi, meno fastidiosi, con minor probabilità di effetti collaterali. Per la grande maggioranza degli psoriasici, un trattamento con creme o unguenti produce risultati soddisfacenti per periodi lunghi. Sugli altri, pochi, che hanno bisogno di cure generali, steroidi, derivati dell’acido retinoico, esposizione al sole o agli ultravioletti filtrati con psoraleni (PUVA), ciclosporina, metotrexate e altri immunosoppressori possono essere vagliati e utilizzati per un tempo variabile, a condizione di controlli periodici in un rapporto veramente collaborativo tra medico e paziente. Il medico deve essere contento di curare quella persona, il paziente di farsi curare da quel medico. Le probabilità di successo se mancano simpatia e calore reciproci, sono molto scarse, soprattutto in questa patologia e soprattutto nei casi difficili e con una storia di terapie deludenti.

 


Francesco Dallera

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