SCORBUTO 2012

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Ho avuto di recente una soddisfazione professionale: una diagnosi importante, diciamo salvavita, in una ragazza che da un anno consultava specialisti qualificati e faceva infiniti esami senza  risultati. Al piacere e alla partecipazione  per la soluzione del caso umano di una giovane che rischiava molto, si è ggiunto l’orgoglio infantile per il rebus risolto dopo che la paziente era stata esaminata senza successo in istituti di massimo livello.

Porpora  nel linguaggio medico indica uno stravaso di sangue visibile nella pelle. Può essere in forma di petecchie ( puntini fino a 2 mm) o ecchimosi ( più estese ). 

Se una ragazza con una porpora diffusa agli arti dice a un medico “Da un anno mi nutro senza frutta nè  verdura perciò non mangio vitamina C” , anche il più ignorante di noi medici concluderà immediatamente che si tratta di uno scorbuto, malattia  dei marinai che nei secoli passati non avevano a disposizione vegetali freschi sulle navi e per questo diventavano carenti di vitamina C. Se però la ragazza, inconsapevole del problema-vitamina C, non fa cenno alla propria alimentazione, il  medico si orienta piuttosto verso altro: lo scorbuto è una immagine mentale astratta quasi dimenticata. La diagnosi da facile diventa difficile. 

Quando ho visto la giovane signora  (27 anni ) qualche settimana fa, aveva petecchie che coprivano gli arti, una fitta punteggiatura violetta sulle parti visibili. Il quadro la disturbava soprattutto sul piano estetico impedendole normali relazioni sociali, ma era allarmante anche per la salute e la vita sottendendo o precedendo un danno emorragico in organi maggiori.

La Signora non aveva sottovalutato il problema, lo aveva affrontato energicamente consultando in successione diversi specialisti nel settore immunologico-allergologico-dermatologico, operanti in strutture milanesi di gran nome, con risposte tuttavia – durante 6-7 mesi –  deludenti: nonostante visite ed esami completi ripetuti più volte, relazioni scritte competenti e corrette e scambi di opinioni, la situazione peggiorava e la soluzione era lontana. Perché a esperti di istituti prestigiosi è sfuggita una diagnosi semplice? La risposta è (penso) : avevano dimenticato lo scorbuto, come succede non solo ai medici ma a chiunque se un concetto, in questo caso una malattia, assume caratteri vaghi, perde concretezza.  Non teniamo conto di  entità che non ricordiamo o non conosciamo. La medicina di oggi cerca malattie attuali, dibatte quesiti moderni.  Lo scorbuto non è presente come possibilità reale, è un ricordo folkloristico del passato, un cimelio della storia della medicina. Casi non conclamati, parziali, sono – è  vero – descritti e dimostrati in soggetti anziani, mentalmente disturbati, o edentuli, o con di problemi di malassorbimento, ma di fronte a una giovane donna vivace, florida e senza danni psichici una disvitaminosi simile non viene in mente.

Lo scorbuto in fase avanzata procura torpore, modificazioni dell’umore e comportamento scostante (da cui il vocabolo “scorbutico”), infine convulsioni  e coma per il coinvolgimento cerebrale. Se non curato, è mortale.

Durante il colloquio, la Signora riferiva una dermatite da contatto con oggetti di bigiotteria, diagnosticata come allergia al nichel (almeno un anno prima). Sono sempre colpito dalle esagerazioni  di certi alimentaristi e  sospettoso di alcune diete bizzarre, così ho chiesto alla Signora se le era stata prescritta un programma  molto restrittivo. Infatti sono frequenti prescrizioni di diete che escludono tutti i cibi che lo contengono nichel, esagerate, non corrispondenti, nei risultati, alla realtà clinica. Puntualmente, le era stato fornito un lungo elenco di frutta e verdure proibite perché contenenti nichel anche in minima quantità. La paziente  seguiva ancora, scrupolosamene dopo un anno o più, le draconiane limitazioni: era rimasta affezionata a questo eserczio sacrificale. Fondamentalista il dietologo-allergologo, anche troppo ligia la signora, che non ha toccato più nè un’ arancia nè un frutto nè un alimento  vegetale e considerava ormai normale e magari scaramantico mangiare così.

La vitamina C (acido ascorbico) è insostituibile nella formazione del  collagene, che è il cemento cellulare.  Le pareti dei capillari, quando manca, aprono finestre fuori dalle quali “scappano” i globuli rossi. La vitamina C non è sintetizzata nel nostro organismo, abbiamo bisogno di introdurla con gli alimenti. Nell’alimentazione attuale dei paesi industrializzati è difficile esserne carenti in modo grave. Quello descritto è un caso limite. Il dosaggio della vitamina era a zero.

La medicina di oggi, inseguendo patologie nuove e concettualmente sofisticate, è in continua evoluzione e ha brillantemente risolto problemi che sembravano insormontabili, ma, a volte, tende a dimenticare cose semplici e a seppellire nozioni basilari.  La Signora del nostro caso, tornando a mangiare frutta e verdura a volontà, ovviamente con aggiunta di vitamina C in compresse, ha visto scomparire quasi miracolosamente, in breve, le emorragie cutanee ( e senza danni dovuti al temuto nichel...).  Il dosaggio dell’acido ascorbico nel sangue è rimasto basso a lungo, mostrando che il recupero richiede tempo.

 Nel caso in questione il ritorno alla norma della vitamina C è particolarmente ritardato (la vitamina non si deposita, non ci sono scorte nel corpo, occorre un apporto costante alimentare).

E’ una contraddizione forse implicita nelle tecnologie innovative e nel progresso, un prezzo che dobbiamo pagare. Usando i computer, si scordano le tabelline.

 


Francesco Dallera

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