Stipsi

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La classificazione concettuale e la stessa interpretazione della stipsi sono difficili e controverse. Un contributo sostanziale hanno dato lo studio del transito intestinale con particelle radio-opache e il rilievo della pressione nell’interno del canale intestinale per mezzo di sonde connesse a manometri. Semplificando le conclusioni, si può affermare:

  • la stipsi funzionale (non dovuta, cioè, a malattie dimostrabili dell’intestino o di altri organi) è legata alla civiltà industriale. Non esiste fra le popolazioni primitive o a vita tribale;

  • una larga parte delle stipsi rappresenta una variante della "sindrome da intestino irritabile";

  • è chiaramente distinta e riconoscibile una "stipsi atonica", dovuta a difettoso riflesso sensitivo del retto o di un segmento distale più esteso;

  • il megacolon (dilatazione trasversale del crasso) può seguire la stipsi atonica per progressiva distensione (si deve escludere di essere di fronte ad una malattia di Hirshprung, dovuta a difetto di innervazione, per mezzo di biopsia oppure con la tecnica del palloncino rettale);

  • l’abuso di lassativi può partecipare al circolo vizioso, contribuendo alla formazione del megacolon.

Consideriamo la definizione: è controverso se si possa accettare una frequenza minore di una evacuazione per giorno come normale. Si ritiene che meno di tre evacuazioni per settimana siano certamente anomale, sebbene nelle donne e negli anziani una frequenza minore sia comune.

Nella definizione si devono comprendere altri parametri:

  • feci troppo piccole (35-250 gr il range di normalità giornaliera accettato, ragionato ma comunque arbitrario);

  • feci troppo dure, criterio confinato nella soggettività, perché strumenti misuratori della consistenza fecale sono troppo sofisticati per un uso clinico pratico;

  • difficoltà di espulsione: questo dato riferito in modo spesso colorito dai pazienti, era considerato quasi folcloristico dai medici, una volta escluso un reale ostacolo organico; invece la pignoleria e la fantasia di alcuni studiosi ha messo a punto strumenti di misurazione della resistenza ano-rettale all’espulsione di una palla (metodica certo poco attuabile nella medicina pratica);

  • sensazione di incompleto svuotamento; per questo sintomo, una volta eliminato con sicurezza il dubbio di lesioni organiche, non c’è una spiegazione soddisfacente.

In conclusione, anche se non vi è un modo univoco per definire la stipsi, è però quasi sempre possibile comprendere, sul piano pratico, se un individuo è o non è stitico.

Come anticipato, è fondamentale considerare le possibili cause organiche o farmacologiche di stipsi. Una quantità di malattie dell’intestino (tumori, stenosi cicatriziali, malattia diverticolare, aderenze post-chirurgiche, connettiviti), disordini endocrini (ipotiroidismo), metabolici (diabete), malattie neurologiche (malattia di Hirschprung, malattia di Parkinson), così come farmaci a diverso bersaglio (almeno venti gruppi differenti, che includono analgesici, antispastici, antidepressivi, antiacidi e ipotensivi) possono provocare ostacolo o rallentamento intestinale; esami specifici devono essere eseguiti ogni volta che vi sia un dubbio, così da escludere altre cause prima di etichettare una stipsi come idiopatica (non secondaria ad alterazioni della struttura di organi o tessuti).

In realtà, la sbrigativa distinzione "organico-funzionale", che suona come un dualismo e implicitamente riduce la dignità delle malattie funzionali, (quasi che queste, non avendo causa grossolanamente riconoscibile nei tessuti o a livello chimico di laboratorio, siano di poco peso e non meritino attenzione), non è adeguata alla medicina moderna: con il progredire delle tecniche d’indagine, negli anni, numerose malattie classificate come funzionali sono passate nell’altro settore, e, in ogni caso, in molte sintomatologie, influenzate dallo stato emotivo o psichico, l’intreccio fra componente organica e sovrapposizione funzionale è complesso e difficile da districare (la domanda corretta, se mai, non è "Questo sintomo è organico o funzionale?" ma "Quanto vi è di organico e quanto di funzionale in questa situazione?"). Principali indizi che devono spingere a un’indagine, sono la comparsa recente della stipsi o il cambiamento delle caratteristiche del sintomo senza una ragione apparente.

Tornando comunque alla stipsi funzionale (quella comune , non derivante da malattie), una distinzione consacrata negli anni e tuttora valida, è fra "intestino irritabile con stipsi" (stipsi spastica) e stipsi atonica. La prima forma, più frequente fra le donne giovani e di media età, presenta spesso sintomi intrecciati con altri aspetti tipici della sindrome, come dolori addominali o alternanza con diarrea; tuttavia esistono casi di stipsi pura, completamente spiegabili nell’ambito dell’"intestino irritabile". Il meccanismo consiste in un’incoordinazione fra peristalsi segmentaria e propulsiva: in questo caso le onde segmentarie (trasversali, mirate a mescolare il contenuto intestinale) prevalgono, determinando ristagno a livelli relativamente alti dell’intestino e, se le onde propulsive sporadiche non sono tanto intense da provocare dolore, la stipsi può essere l’unica risultante del fenomeno. Spasmi a varie altezze del colon sono il corrispettivo radiologico. L’esplorazione rettale, in questi pazienti, rivela, di solito, assenza di feci. L’esame endoscopico e istologico, studi manometrici e del transito con particelle radio-opache sono giustificati raramente, in casi controversi o particolarmente gravi: di solito, una storia raccolta con accuratezza, un esame fisico che comprenda un’esplorazione rettale, una ricerca del sangue occulto nelle feci e, in casi non proprio banali, un clisma opaco, forniscono informazioni sufficienti. Queste forme risentono favorevolmente dell’aumento alimentare di fibre grezze e del trattamento eventuale dell’ansia – o meglio, dell’effetto intestinale dell’ansia – e, paradossalmente, possono avvantaggiarsi degli anticolinergici, farmaci tradizionalmente etichettati come stiptizzanti, o, ancor meglio, di antispastici a prevalente azione miolitica diretta, come la tiropramide o la mebeverina. A patto che la diagnosi sia corretta, questi, opponendosi alle contrazioni segmentarie, sono in grado di migliorare in modo a volte sorprendente stipsi del tipo descritto senza altri presidi affiancati.

Quando l’incremento di fibra non sia efficace (o non sia tollerato), è abitudine dei gastroenterologi impiegare i derivati della senna (antrachinoni), meno dannosi del bisacodil e della fenoftaleina (megacolon, epatopatia), sebbene l’uso a lungo termine di tutti gli antrachinonici sia criticabile.

Controverso è l’uso prolungato dei salini. La magnesia calcinata è forse la più povera di effetti collaterali. Un posto di rilievo hanno i lassativi osmotici non assorbibili, come il lattulosio, che richiama acqua nell’intestino senza provocare effetti collaterali.

Tutti i lassativi, a parte gli osmotici, agiscono probabilmente con un meccanismo comune anche se con diversa potenza, liberando colecistochinina o attivando PGE nell’intestino.

L’ olio di vaselina, utile in alcune situazioni come lubrificante (per esempio dopo interventi ano-rettali), è sconsigliabile nell’uso protratto perché può provocare malassorbimento di vitamine liposolubili (A, E, D, K), catturandole e trascinandole fino all’eliminazione.

La stipsi atonica merita considerazioni più moderne. All’esame rettale è costante la presenza di feci, sebbene questo reperto sia comune anche in persone con alvo regolare, quindi poco caratteristico e non necessariamente indicativo di stipsi. L’origine dell’anomalia può essere un’abitudine: per il bambino legata a pigrizia, per la persona giovane e attiva al rifiuto di evacuare in situazioni di disagio ambientale (fuori casa); per l’anziano può essere dovuta a disordini neurologici al confine con la normale fisiologia dell’età. Però, in buona parte dei casi, c’è probabilmente una precisa disfunzione: è stata dimostrata l’incapacità a rilasciarsi del tratto terminale del retto, e si sono misurate pressioni più alte nel canale anale; infine, negli U.S.A., un’equipe di chirurghi ha pubblicato risultati molto incoraggianti (risoluzione totale di stipsi di questo tipo, chiamata "outlet obstruction") dopo una piccola resezione dello sfintere interno (muscolo involontario che controlla l’evacuazione e che sarebbe esageratamente contratto in questi casi). Queste misure chirurgiche, già impiegate del resto nella malattia di Hirshprung, dovuta all’assenza d’innervazione di un tratto intestinale, sono molto semplici, ma non sono state sperimentate estesamente; possono forse essere riservate ai casi che veramente invalidanti e che non rispondono affatto alle cure mediche.

Le cure mediche si basano sull’impiego di fibre grezze (crusca, gomme, lignine, presenti in vari preparati commerciali), capaci di stimolare la parete intestinale a contrarsi abbreviando il transito; sul lattulosio (lassativo osmotico non assorbito), il miglior presidio per la prevenzione dei fecalomi negli anziani; e sulla spiegazione dell’importanza del bioritmo psicologicamente condizionato (dedicare un certo tempo ad orario fisso e comodo, con eventuali perette di acqua calda o glicerina nei primi giorni al fine di ricondizionare il riflesso, riportando lo stimolo al momento voluto).


È importante che il medico controlli i risultati nel tempo: un paziente abbandonato dopo la prima visita andrà incontro a sicuro insuccesso.

La stipsi comporta, oltre che disagio psicologico e conseguenze fisiche, costi enormi: 250 milioni di dollari / anno negli U.S.A. (per 700 diversi purganti!), cifre certo proporzionali in Italia. Ai rischi legati al lento transito e agli anomali sforzi della muscolatura (documentato aumento di i tumori intestinali, varici venose, diverticoli) si associano i pericoli dovuti ai lassativi (melanosi del colon, megacolon, perforazione, epatite acuta e cronica, più raramente osteomalacia, sindrome proteino-disperdente e altri ancora, a seconda dei lassativi). Il medico non deve dunque banalizzare il problema o sottovalutarne l’importanza: spesso si impone una valutazione approfondita, dopo un ascolto e una visita accurati, mentre aspettiamo che la diffusione di tecniche diagnostiche semplici, e ora poco praticate nella routine, ne renda più facile la classificazione e la soluzione. Nella pratica clinica incontriamo spesso individui seriamente afflitti dal disturbo, ma rassegnati e fuorviati da un pregiudizio d’inguaribilità, di cui i medici sono, in parte, responsabili.

 


Francesco Dallera

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