Stitichezza ( o Stipsi ) 2 | |
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L’effetto dello stress, o anche solo del cambio di ambiente, sull’intestino di molti, è noto. Sono stati riferiti casi estremi, come quello del soldato americano dispersosi nella giungla in Vietnam, che, sentendosi braccato dai Vietkong, non si è scaricato per un mese. (Ho avuto in cura in ospedale un’anziana signora con dolico-mega-colon – intestino più lungo e largo del normale – che proclamava di restare anche 40 giorni senza evacuare: sarebbe stato il record mondiale, ma non l’abbiamo creduta, considerando l’affermazione una vanteria da stitica). Groddeck, celebre pioniere della psicanalisi – meno importante ma più divertente e fantasioso di Freud – diceva che non ci si deve preoccupare, l’intestino è fatto per quello e prima o poi il materiale deve uscire. Tutto è comandato dalla psiche. Se uno è stitico è perché vuol tenere, metaforicamente, tutto dentro. Ma non è proprio così. La stitichezza non deve essere presa alla leggera. Anche escludendo le forme importanti e gravide di conseguenze, dovute a malattie dell’intestino stesso, neurologiche, o a ipotiroidismo, depressione o altro, che dovrebbero essere sospettate subito dal medico (sono sospette se insorgono in tempi brevi, si aggravano rapidamente e si accompagnano ad altri sintomi prima inesistenti, come dolori o sangue nelle feci o alterazioni neurologiche), ci sono forme che, pur senza substrato organico – vale a dire senza malattia sottostante – dette "funzionali", forme comuni, di cui soffre gran parte della popolazione nei paesi industrializzati, però così fastidiose, serie e minacciose di conseguenze nel tempo da meritare un approccio altamente specialistico. Non è possibile definire la stitichezza con parametri precisi, c’è un ampio margine di variabilità tra le diverse persone e diversi popoli. Scaricarsi da due volte al giorno a tre volte alla settimana può essere normale se non comporta disturbi. La quantità di feci, la consistenza e tutte le altre misure sono variabili, in relazione a numerosi fattori interagenti e non è facile stabilire i limiti di normalità. Alimentazione, abitudini di vita, educazione famigliare, tipo di lavoro influenzano l’alvo. La stitichezza è percepita in modo diverso. Alcune persone, specialmente donne, si scaricano con quantità e tempi normali, ma si definiscono stitiche e vogliono una cura perché hanno l’impressione di non essersi svuotate del tutto. Altre considerano normale – a torto – avere, magari, un’evacuazione alla settimana o ogni 10 giorni, perché così fa anche la loro madre, metro-campione e garanzia di normalità; altre si imbottiscono dei più diversi lassativi, volubili al consiglio di amiche esperte, amici fattucchieri, conoscenti, con qualche intervento sporadico di farmacisti o medici, di solito interpellati non in un consulto serio, ma a tavola o su una spiaggia (dove il medico deve rispondere qualcosa per non fare il prezioso, ma non ha le condizioni per essere utile). Negli anziani il problema sembra essere più sentito, anche perchè più frequente in età avanzata per diverse ragioni fisiche. Si distinguono due tipi principali di stipsi: "atonica", dovuta a mancato riflesso dell’ampolla rettale alla distensione provocata dalle feci. È comune nei bambini per una sorta di pigrizia o anche in persone attive, più spesso donne, che evitando di evacuare fuori casa o quando sussista il minimo disagio ambientale, perdono l’automaticità dello stimolo; "spastica", una variante dell’"intestino irritabile", come tale accompagnata a volte da dolori o alternata con diarrea, più frequente nelle donne e connessa a incoordinazione (disarmonia) tra onde muscolari propulsive, che fanno procedere il materiale, e onde segmentarie, che lo frenano. Nel primo caso l’esplorazione dimostra presenza costante di feci nel retto, ma questo è un reperto comune anche in persone con abitudini intestinali nella norma e non è significativo. Nella stipsi da colon irritabile, l’ultimo segmento intestinale è vuoto, le feci sono trattenute più a monte. Altre varianti sono distinte, come la debolezza del pavimento pelvico, problema di solito femminile che consegue al parto: il perineo, fra retto e vagina, scende troppo con lo sforzo a evacuare e il retto diventa verticale, erniando facilmente all’esterno (rettocele, prolasso del retto); o una risposta paradossale del tono del muscolo anale, che si contrae anziché rilasciarsi durante la spinta per evacuare; o più estese alterazioni nervose del tratto finale di intestino. Già nel mondo antico, nella medicina greca, le feci erano guardate come impure, capaci di produrre pericolo. "Coloro che hanno da giovani intestini aperti, sono più liberi da malattie rispetto agli stitici" è uno degli aforismi di Ippocrate. Il vocabolo "purgante" o il suo equivalente più raffinato, derivato dal greco, "catartico", implicano un’idea di purificazione. "Lassativo" (dal latino) richiama un’immagine gentile di rilassamento muscolare. I farmaci che promuovono l’evacuazione si possono classificare in: agenti che aumentano la massa fecale (crusca, mucillagini), lubrificanti (olio di vaselina), salini od osmotici (lattulosio, solfato di magnesio, fosfati basici), stimolanti (bisacodil, olio di ricino). In forme gravi o dubbie, possono essere considerati esami specifici: misurazioni delle pressioni rettali o del transito o dell’espulsione; ma la maggioranza delle forme richiede solo qualche visita attenta con colloqui prolungati che consentano inquadramento del risvolto psicologico. La valutazione di un medico esperto nel settore, non solo è indispensabile per discriminare i casi di stipsi provocata da altre malattie o con caratteristiche pericolose, ma è di grande utilità in sede pratica anche nelle forme comuni, funzionali, perché diverso è lo spessore dei consigli che può dare uno specialista su comportamenti e prodotti da usare a seconda dell’età, delle forme, della gravità del disturbo. Il metodo classico di imbottirsi dell’ultimo lassativo reclamizzato quando la pancia è sul punto di scoppiare, è la cosa più sbagliata che possa fare uno stitico. Qualche decennio fa donne e bambini si purgavano regolarmente quando cambiavano aria, cioè per villeggiature e viaggi. Nel Malato immaginario di Molière, il laureando a ogni domanda sulla cura di qualunque malattia (idropisia, polmonite, tubercolosi, asma, male al costato, difficoltà di respiro, resistenza alle cure), invariabilmente, in latino maccheronico risponde: "Clysterium praticare, postea salassare, infinem purgare", con il plauso della commissione. Non è raro trovare in certi ambienti un atteggiamento simile anche oggi, tranne per il salasso, abbandonato (quasi) del tutto. Ma l’uso delle purghe, per quanto ancora attivissimo, almeno è stato circoscritto alla stitichezza, e conoscendo un po’meglio la fisiologia dell’intestino, si può sceglierle e articolarle meglio. Per una trattazione più esauriente, si rimanda all’articolo "Stipsi" sul sito
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Francesco Dallera |