Le esigenze aerodinamiche o la sicurezza sono le motivazioni con cui le case automobilistiche e la critica sulle riviste specializzate spiegano le innovazioni nella linea delle automobili, anche quando sono bizzarre e ingiustificate. Tutte frottole. Sono la moda, in larga parte dettata dall’arbitrio, le imperscrutabili direzioni del design a creare tendenze, senza che vi siano basi psicologiche o sociologiche sempre comprensibili. Sono vere e proprie "mutazioni" simili a quelle casuali della genetica, che nascono, immagino, per una successione capricciosa: l’idea più originale del solito di un designer, approvata dallo staff, ha un certo successo di pubblico ed è poi seguita dagli altri costruttori impauriti di perdere la corsa. Il momento attuale mi sembra piuttosto vitale nelle novità estetiche e perciò qualche volta eccentrico; altri periodi in anni precedenti sono stati più blandi e (esteticamente) piatti. Oggi ci sono molte idee, in un’oscillazione interessante e movimentata fra ritorno a temi nostalgici e modificazioni audaci, così che le automobili si allontanano qualche passo dalla omogeneizzazione cui sembravano destinate, per differenziarsi visivamente come era prima della guerra e ancora negli anni cinquanta. Non sono più saponette quasi identiche, stanno riprendendo personalità. Proprio gli aspetti più stravaganti sono però quelli più avidamente copiati, in una emulazione di caratteri che diventano comuni a marche diverse. Come erano insensate sul piano funzionale, create invece per volontà esclusivamente estetiche, le pinne delle auto americane nei primi anni sessanta, implacabile presenza su tutte le pachidermiche macchine di quel periodo negli States, ispirate direttamente ai pesci o suggerite dagli aerei (erano diventati popolari i jet, le ali a delta, le forme puntute), scimmiottate – con attenuazioni – dai costruttori europei, altrettanto sono insensate oggi, credo, le dimensioni sempre più piccole dei vetri, che – rimpiccioliti fino a generare sensazioni claustrofobiche – sembra possano tornare a chiamarsi "finestrini"come si diceva quando ero bambino, rassomigliando sempre più, di fatto, a feritoie di autoblindo. Le linee a cuneo comportano un assottigliamento soprattutto dei finestrini posteriori, ma se continuiamo di questo passo, tra un po’, il guidatore avrà bisogno di un radar e gli occupanti posteriori si dovranno guardare un film sul DVD incorporato di serie nei poggiatesta (tale è il trend) rinunciando a vedere il paesaggio. E pensare che sembrava una grande conquista la visibilità che i vetri infrangibili, sicuri anche se più grandi, avevano progressivamente consentito sulle auto. I sensori di parcheggio e i segnalatori elettronici di ostacoli negli angoli morti ci faranno guidare con una specie di pilota automatico: dovremo guardare solo uno schermo in un abitacolo ermeticamente chiuso con luce artificiale.
Altro must delle automobili eleganti è il paraurti verniciato come la carrozzeria e quindi fragilissimo nella superficie verniciata. In sostanza, è come se non ci fosse più paraurti, ne viene esautorata la funzione protettiva. Eppure un bel fascione di plastica robusta e resistente ai traumatismi minori o una striscia di materiale gommato nei punti di facile appoggio nei parcheggi, antigraffio, antiammaccature, oltre ad avere una grande utilità pratica non peggiora per niente l’estetica se ben integrata nel design.
A quanto pare, la lobby dei carrozzieri è potente (mai come quella dei notai e dei farmacisti, però!).