La pressione estetico-sociale a favore dell’abbronzatura non lascia margini alla discussione: il consiglio di esporsi al sole gradualmente e con moderazione, l’informazione sui rischi immediati e a distanza, hanno scarsa presa. Ecco dunque, invece che proclami da grillo parlante, un elenco di notizie utili o almeno curiose.
L’abbronzatura è data dalla melanina, sostanza prodotta e distribuita nella pelle sull’impulso della luce solare. Maggiori stimolatori della melanina sono i raggi ultravioletti, che hanno lunghezza d’onda inferiore a quella dei colori visibili: fra 320 e 400 nanometri gli UVA e fra 290 e 320 gli UVB: questi ultimi sono causa dell’arrossamento da sole e hanno ruolo di rilievo nell’abbronzatura ritardata e stabile che segue di due-tre giorni l’esposizione. Gli UVA provocano un’abbronzatura fugace che fa seguito a esposizioni intense, ma partecipano anche all’abbronzatura stabile più di quanto non si ritenesse qualche anno fa, come dimostrano le lampade abbronzanti filtrate oggi molto diffuse. I raggi al di sotto dei 290 nm. (UVC), tossici in misura elevata, sono pressoché assenti dalla luce solare, perché trattenuti dall’atmosfera, sono assenti anche dall’emissione delle lampade commercializzate negli ultimi anni, che hanno scarso effetto irritativo, anche se mantengono purtroppo tutti i problemi del danno sul tessuto connettivo dermico e sull’epidermide, in altre parole dell’invecchiamento precoce.
Le creme-schermo si basano su sostanze che trattengono prevalentemente UVB e proteggono, entro certi limiti, dalle scottature, attenuando e ritardando però l’abbronzatura. Devono essere utilizzate, naturalmente, da chi è portatore di malattie peggiorate dal sole, anche per esposizioni occasionali. Di fatto, permettono un allungamento del tempo di tolleranza; ma se il loro uso è pienamente giustificato per esposizioni obbligate o inevitabili (in barca, sugli sci, durante scalate, per lavori prolungati all’aperto in luoghi e stagioni soleggiate), sono fonte di equivoco quando lo scopo specifico dell’esposizione è proprio l’abbronzatura e il tempo deve essere una mediazione fra tolleranza individuale e volontà di abbronzarsi in fretta. Il loro effetto protettivo dai tumori cutanei è intuitivo, ma non è ben documentato.
Nella razza bianca si distinguono convenzionalmente quattro tipologie epidermiche per quel che riguarda la risposta alla luce solare: il primo tipo è quello delle persone con capelli rossi o biondo chiaro, che al sole si arrossano sempre molto e non si abbronzano mai; il secondo è una variante del primo, con possibilità di labile e debole accenno di abbronzatura; il terzo si abbronza stabilmente, sia pure attraverso una fase di arrossamento se non vi è cautela nella gradualità; il quarto è delle carnagioni brune che si pigmentano subito senza quasi arrossarsi. Ė ovvio che i primi due tipi abbiano necessità assoluta di proteggersi con filtri ad alto fattore di protezione. Tra l'altro, proprio questi fototipi hanno rischio molto aumentato, rispetto alla popolazione generale, per il melanoma e per altri tumori. E proprio nell’ottica della prevenzione del melanoma, si devono assolutamente salvaguardare dalle ustioni solari i bambini piccoli. Per tutti gli altri, va ricordato che la gradualità giudiziosa di esposizione è la chiave per coniugare il miglior risultato estetico alla minimizzazione dei rischi: non offendere la pelle nei primi giorni di sole, consente una naturale difesa dalle successive esposizioni attraverso la formazione della barriera melaninica in tempi fisiologici.
I prodotti che promettono abbronzature rapide contengono, di solito, fotosensibilizzanti potenzialmente pericolosi, perché aumentano il rischio di ustione e di pigmentazioni abnormi. Più sicuro (ma paradossalmente più temuto, in quanto "farmaco") uno psoralene (triossalene) in compresse, utilizzato infatti, negli Stati Uniti soprattutto, per aiutare e fornire una certa protezione ai fototipi che non riescono ad abbronzarsi con le loro risorse.
L’abbronzatura, secondo la sensibilità estetico-culturale d’oggi, migliora l’aspetto, proprio come nel Settecento era pregiato, al contrario, il candore della pelle (però Casanova era bruno-olivastro). La moda estetica ha una forza tale, è imposta a livelli così esasperati, che ormai si identifica l’abbronzatura con l’immagine di salute, benessere, vigore, efficienza, piacere.
Una donna votata all’abbronzatura spinta e un campione muscoloso delle spiagge, certo non possono preoccuparsi di avere fra qualche decennio la pelle anelastica di un contadino o di un vecchio marinaio, né vogliono sentir parlare di aumentato rischio di cancro cutaneo fra trenta o quarant’anni, un tempo infinito. A loro importa di abbronzarsi adesso, subito, in fretta e a tutti i costi. Al medico conviene fare buon viso: meglio aiutare a contenere i danni, che lottare contro gli attuali stereotipi dell’eleganza e del successo.
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