Very British |
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Il "british" è
tipico di certi film leggeri, a partire dagli anni sessanta con il regista
Richard Lester (Non tutti ce l’hanno) fino ai Monty Pyton, a Un
pesce di nome Wanda o, per fare esempi più recenti, Quattro matrimoni
e un funerale e Full Monty, e si può definire come un misto di
spregiudicatezza disinvolta a volte molto forte, raffinatezza intellettuale
applicata al quotidiano e humour "funny peculiar". Anche Kubrick,
con il suo cinema niente affatto leggero, è molto british, sebbene il valore
assoluto sposti in secondo piano questo aspetto (non è forse assolutamente
british L’arancia meccanica, nella struttura e nei dettagli narrativi,
inclusa la marcia Pump and circumstance di Elgar, british per conto
suo e ancor più british in quella situazione ironica, a sottolineare la
visita del ministro al protagonista?). C’è anche un’estetica
visiva britannica: pur avendo tratto da altri movimenti le prime mosse,
pittori e scultori inglesi hanno un che di controllato, danno una versione
anglosassone-europea di ogni periodo artistico. Lo stile inglese non
abbandona mai la compostezza e ha qualcosa di conservatore, eppure è autonomo
e spigliato. Penso, limitandomi ai contemporanei, a Moore, a Bacon, a Lucien
Freud, ad Auerbach, a Ben Nicholson, a Sutherland: artisti molto diversi tra
loro eppure tutti, secondo il mio punto di vista, inconfondibilmente inglesi. C’è uno stile britannico
persino nel diffondere musica nei supermercati: a Londra, in qualunque grande
magazzino sentirete musica attuale ben scelta, attraente ed emanata a volume
giusto con altoparlanti di classe. Entrate in uno italiano e sarete
disturbati da canzonette stupide e inascoltabili distorte da impianti sonori
dilettantistici, con amplificatori inadeguati e casse acustiche mal
sistemate. Gli inglesi sono stati i primi cultori dell’alta fedeltà nella
riproduzione dei suoni e dagli anni sessanta in poi i negozi di dischi e di
apparecchi stereofonici, corroborati dalla rivoluzione musicale di quel
periodo – Beatles in testa – sono stati un paradiso per gli appassionati. C’è, infine, uno stile
inglese nelle automobili, a tutti comprensibile a colpo d’occhio senza
mediazioni culturali, che ora ha ripreso vigore, dopo una parentesi di
appannamento dell’industria del Regno Unito. Richiama la solidità originale,
a volte quasi goffa, ma piena di sicurezza, dei mobili di fine Seicento e del
Settecento inglese, cominciando dal William and Mary e dal Queen Ann, più
autonomi e indifferenti alla loro epoca di tutti gli altri mobili europei.
L’originalità delle auto inglesi sfiorava spesso la bruttezza (pensiamo alle
Rolls) ma era assertiva e si imponeva, magari per il conservatorismo spinto.
Le multinazionali che hanno assorbito di recente l’industria automobilistica
britannica, fortunatamente, hanno compreso che il successo – di nicchia –
sarebbe derivato dal salvataggio non annacquato dei caratteri tipici della tradizione
e, pur nell'inevitabile cedimento all'uniformità tecnica di oggi (progetto,
motori, sospensioni, componentistica comuni a diverse case automobolistiche),
hanno lasciato che le Jaguar somigliassero alle Jaguar di una volta,
nell’esterno e, soprattutto, all’interno, nella profusione di pelle di
qualità e radica ben lucidata, in una continuità piena di fascino, nelle linee
per me molto piacevoli, fuori dalla convenzione e dalle mode, originali fino
all’idiosincrasia, nelle finiture di
lusso in stile "vecchia carrozza". Esempio straordinario di
oggetto "british" è stata la Mini di Issigonis, fenomeno sociale,
estetico, culturale lungo tutti gli anni sessanta e ben oltre. Ora il nuovo
modello BMW la evoca perfettamente senza copiarla, modernizzandola e
conservandone gli elementi distintivi, con un tocco di efficienza teutonica: linea
aggressiva e funzionale ma di fisionomia inglese (il frontale ricorda la
macchina essenziale, il disegno che ne farebbe un bambino, una bocca e due
occhi da pesce vorace ma simpatico, si riallaccia ad altre auto inglesissime
come la ACE Cobra o le Aston Martin degli anni cinquanta-sessanta), e,
all’interno, una cabina superba, personalissima, favolosa. Salite su una Mini
e, dopo, ogni altra auto piccola vi sembrerà modesta e priva di mordente
estetico. |
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Francesco Dallera |